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servizio parte ventinovesima






 
SERVIZIO
PARTE VENTINOVESIMA

…E’ difficile per l’anima , che è saggia, amorevole e intelligente (al suo livello), far sentire la propria presenza quando il suo riflesso (la personalità) prova simpatie e antipatie, reazioni emotive e idee personali.

Con la divina indifferenza   per le cose personali, per le simpatie e antipatie, per le preoccupazioni, le ansietà e gli insuccessi, si è in grado di percepire l’importanza del lavoro e l’occasione propizia, contrariamente a ciò, non si esercita l’influsso necessario su chi ne ha bisogno, che invece riceve l’onda delle preoccupazioni, dei timori e del desiderio di piacere.

A proposito del gruppo , non dovete preoccuparvi con troppa intensità del vostro sviluppo, stato e servizio. Tutti voi avete  bisogno d’imparare a decentrarvi, in modo che il lavo­ro sia la prima cosa. Allora, l’intenso interesse per gli aspetti personali, per le debolezze del carattere, per un fine gradito, per le condizioni fisiche, cesserà. Vedrete che la “divina indifferenza” è di grande aiuto per dimenticare il sé inferiore , il quale molte volte appare di tale proporzione da offuscare il maggiore. Questo si pone tra il discepolo  e il Maestro , ostacolando il contatto con i condiscepoli e il servizio .

Aiutate la Gerarchia , dimenticando voi stessi, sia come personalità dedicata al servizio, sia come anima sulla via via illuminata , perché l’umanità ha bisogno d’amore e di luce e la Gerarchia di canali e collaboratori in Terra.

Per irradiare la luce, non offuscata dalle nubi del sé minore o preclusa dai riflessi della personalità, è necessario non accentrarsi su se, credendo d’essere felice o infelice, agitato o quieto, saggio o timoroso, bisogna invece uscire dal centro del proprio quadro per essere semplicemente un canale d’amore e di luce, dimentico di se stesso.

Le qualità d’eloquenza e d’insegnamento non devono essere usate soprattutto per descrivere se stesso a chi ci conosce, ed essere sempre il solo tema di conversazione. Quando però si sarà appreso a tacere di se stessi e di quel che pensa, si sente e si fa, il servizio e la collaborazione con la Gerar­chia si espanderanno notevolmente.

I discepoli devono evitare d’ostacolare con forme di auto - asserzione, imponendo le proprie idee con metodi autoritari di vecchia maniera. Il discepolo sicuro d’avere sempre ragione o di non fallire mai l’in­terpretazione, certo che gli altri debbano conformarsi ai suoi procedi­menti, ostacola molto il lavoro.

Il discepolo esperto è tanto impegnato, tanto pervaso d’amore per il prossimo, che il suo orientamento è al servizio del Piano divino  e non al proprio progresso o a riconoscere il Maestro. Quanto più si accosta al centro e al Maestro, minore e l’attenzione che questi gli rivolge, e ancora meno lo pensa.

L’atteggiamento del discepolo è di amore inalterabile, e l’opera sua è di irradiazione . Ciò evoca attività o rispondenza dal prossimo, e attua la successiva fase del Piano nel soccorso immediato all’umanità.

Il Maestro, cerca chi vibra all’unisono con quell’aspetto del Piano di cui è responsabile e insegna loro a subordinare la personalità ai suoi requisiti. Anche la purificazione e i giusti atteggiamenti del pensiero sono secondari per il discepolo perché riguardano il sé personale e sono il compito dell’anima individuale che li dirige, e non il Maestro.

    La capacità d’essere un giorno discepoli del mondo, dipende dalla perizia di decentrarci e dimenticare non solo la nostra personalità, ma anche quella dei condiscepoli, collaboratori e chiunque s’incontri, ma procedere verso un servizio, sospinti dall’amore del prossimo che arde nei nostri cuori.

Questo tempo di crisi esige:

·         La mobilitazione di ogni discepolo che comporta di concentrare le energie, il tempo e le sue risorse verso l’umanità.

·         Richiede di rinnovare la dedizione al servizio e consacrare la vita di pensiero e la pratica di quell’oblio di sé che esclude umori e sentimenti, desideri, risentimenti, lamentele personali e ogni meschinità nei rapporti con il prossimo.

·         Sul piano fisico significa condizionare tutta l’esistenza attiva esteriore, sì che la totalità della vita sia un servizio solo.

        Una delle prime lezioni, per chi si appresta all’iniziazioni , è quel difficile e duplice atteggiamento che permette la corretta attività personale e un vivido interesse alle proprie vicende, e che non permette che nulla di personale interferisca nella vita spirituale soggettiva, nel servizio e nella preparazione all’iniziazione.

        Distogli gli occhi da te stesso, dalle personalità dei condiscepoli e perfino dal Maestro e dimentica tutto, tranne la necessità di chi incontri nella vita. Servi, chiudi la porta a ogni pensiero del sé minore, alle reazioni ingenerate dai tuoi confratelli o ad aspirazioni devozionali e gettale via. Con cuore tenero, per amore e pietà, servi quelli che incontri, sapendo che “ogni cuore ha la sua amarezza”.

        La gerarchia si attende dal discepolo quanto segue:

·         Riposo, divertimento, ozio, dispute e critica non avranno posto nella vita del discepolo; sarà opportuno curare debitamente il fisico e guardare con divina indifferenza i sentimenti.

·         Occorre completa dedizione a soccorrere l’umanità, perfetta consacrazione al piano, cooperazione intelligente con chi si riconosce come discepolo anziano, saper scegliere la giusta azione nelle varie circostanze, senza indebolire l’efficienza.

·         Conservare l’energia mediante il silenzio  e con quella radianza continua che nasce dall’oblio di se stesso.

    Verrà dunque certamente il tempo in cui, come individui e membri di un gruppo di un Maestro, subordineremo la vita della personalità al bisogno dell’umanità, nell’interesse di tutti i regni della natura .

Dovremmo:

·         Essere, e non lottare tanto duramente per avere.

·         Dare, senza combattere la tendenza a non dare.

·         Dimenticare i nostri corpi fisici e non prestare loro soverchia attenzione (e avremo salute migliore).

·         Pensare, non più immersi nel modo dei sentimenti.

·         Porre saggiamente al primo posto come normale procedura, il lavoro assegnatoci dal Maestro.

    Il Maestro deve evocare nei discepoli una tale profondità d’amore consacrato e una tale comprensione dell’opportunità attuale, che gli aspetti personali della vita svaniranno nella loro coscienza. Che la massima cura sia il modo di servire!

    L’interazione e il rapporto responsivo col Maestro si conseguono soltanto dopo un lungo ciclo di rapporti esteriori del discepolo accettato , prima alla periferia e infine entro l’Ashram . Non si ottengono, quando si cerca di meritare questa posizione di potere. Sono semplicemente il risultato silenzioso, quasi inconscio dell’abnegazione, dell’oblio di sé, dalla sua decentralizzazione e nel suo assorbimento nel compimento del piano divino al massimo della sua capacità, che distinguono il discepolo quando accetta e per conseguenza è accettato.

 
 

 



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