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cinquantaduesima

 

SERVIZIO
PARTE CONQUANTADUESIMA  

SERVIZIO AL PIANO
DIPARTIMENTO GERARCHICO DELL’EDUCAZAIONE 

EDUCAZIONE
Seconda parte di due 

 Chi insegna e chi riceve l’insegnamento perde l’indolenza, raffina la coscienza , si riempie di gioia e raggiunge il successo anche se non lavora espressamente per questo, perché il movente è l’amore verso il prossimo e verso l’umanità Una.       

       Un grande nemico della Sapienza è la sfiducia, perché abbassa i conseguimenti più essenziali e intimi. Ciò dipende dal poco rispetto di se stessi, dalla mancanza di immaginazione che oscura la luce e la coscienza, bloccando ogni possibilità di conoscenza. Il coraggio è l’emblema del discepolo

       L’insegnamento, elargito senza nessuna imposizione, deve dare la direzione, illuminare il sentiero, elevare la coscienza e dare la tecnica d’applicazione del sentiero altruistico. 

       Le “anime antiche” hanno la facoltà di capire velocemente, ma non bisogna caricarle di pesi eccessivi, ma neanche trascurare le opportunità, sapendo che è sempre il Maestro  che dirige, anche se l’allievo non lo avverte, esortandolo alla tolleranza, a ricusare le dispute senza ostilità per preservare l’energia e la forza. La “ricompensa” per l’insegnamento ricevuto e dato, è il conseguimento della perfezione di se stesso, ottenuto con la “conoscenza diretta”, realizzata e applicata alla vita pratica di tutti i giorni. Ciò conferisce la qualità della gioia che travolge ogni ostacolo, annienta la paura e rischiara l’avvenire. 

       Quando si insegna non è necessario aspettarsi dei risultati perché, essendo un seme impiantato nella coscienza, a tempo debito darà necessariamente i suoi frutti. C’è sempre un suolo adatto per ogni seme! 

       L’insegnamento si ascolta, si ricorda, si consegue e si applica. Deve procedere però per strati successivi ed essere curato come un giardino, fino a quando la “conoscenza diretta” levigherà la coscienza come un cristallo mediante la qualità degli atti. 

       Esso richiede anche e soprattutto il dono della parola per ridestare l’impegno; essendo un pensiero creativo e sensibile, rigenera il mondo, sospinge l’evoluzione e incita lo Spirito alla conquista. Ricordiamoci  che ogni grande pensiero unisce alla Gerarchia

       L’insegnamento va elargito solo a coloro che lo assorbono come una spugna e sono pronti ad usarlo per il bene degli altri. Non bisogna mai imporlo col comando ma lasciare sempre all’allievo il suo libero arbitrio. La discriminazione è d’obbligo, perché persino un suggerimento male interpretato potrebbe essere deleterio; quindi cerchiamo di dispensare la Sapienza Antica per gradi se vogliamo che venga apprezzata in tutto il suo valore; non bisogna renderla troppo accessibile per non essere svalutata, lasciando la possibilità della ricerca all’allievo; soprattutto chiarire l’importanza dell’applicazione pratica in ogni circostanza della vita che ci rende più esperti e più potenti di prima, infondendoci nuova vita. 

       L’insegnamento basato sull’esperienza, rende gioiosa la sua applicazione rinnovatrice, purché il lavoro sia svolto con umiltà semplificando la vita, anche per salvaguardare le risorse naturali, ridimensionando la sovrapproduzione di oggetti che impoveriscono la natura. Sono gli umili che sopportano meglio la luce della conoscenza contrariamente a coloro che si credono “grandi”. 

       L’insegnamento ricevuto dal Maestro scaturisce dall’esperienza e dalla meditazione sul futuro che modella la realtà dell’avvenire. Cerchiamo di obbedirgli eliminando ogni fantasia infondata e applicando quella parte del Piano che ci compete, comprendendone l’evidenza nella fase di realizzazione. 

       Il discepolo insegnante deve aiutare chi bussa scegliendo la qualità e non la quantità, non deve fare proseliti, perché i predestinati quando sono pronti arrivano; deve spiegare lo scopo della vita terrena, svelare i significati nascosti dei simboli, affermare l’esistenza della gerarchia; tutto questo al fine di trasformare la vita di chi accetta, generando opportunità per il raggiungimento della meta. 

       L’istruttore, o meglio il mediatore del Maestro, deve preservare con la sua sensibilità la sintesi dell’insegnamento distillata dalle sue esperienze. La sua saggezza risiede nella paziente attesa, nel disinteresse personale e nel vigilare al fine che non venga distorto. 

       Nell’avvenente Nuova Era si devono trasmettere le seguenti verità: Shamballa, il Nuovo discepolato, i sette Raggi, la nuova Astrologia, il NGSM (il Nuovo Gruppo dei Servitori Mondiali) e la sua opera, l’avamposto exoterico degli Ashram interiori, la nuova Religione Mondiale. 

       L’unione col Maestro comporta la Sua guida diretta quando il discepolo influenza con la sua attività i propri simili con la polarizzazione mentale, sviluppo del cuore e senso dei valori. I Maestri sono illuminati dall’amore e dalla compassione profonda e inclusiva e dalla Loro conoscenza del Piano. 

       Il discepolo, dal cuore sviluppato che segue la via del servizio gerarchico, usa le qualità magnetiche del cuore per esprimere e realizzare i suggerimenti del Maestro, che ci esortano a riunire le persone e servirle cercandone le qualità e stimolando il risveglio delle anime all’azione impersonale; accoglie uomini progrediti per orientarli e condurli alla soglia del discepolato, per poi distinguersi per sapienza, visione e potere mentale. 

       I principi devono essere insegnati con flessibilità di linguaggio, interpretati col cuore ed elargiti con continuità giornaliera. La conoscenza, che comporta una grande responsabilità, dev’essere applicata e modellata alla vita di ogni giorno. L’istruttore deve formare una forma pensiero che incorpori i dovuti insegnamenti e diffonderli con costanza e continuità. 

       Per percepire i suggerimenti del Maestro, bisogna che l’udito interiore sia sviluppato e soprattutto serve possedere la vera umiltà di cuore nell’accettare i Suoi consigli con libera volontà, senza ricercare risultati e fenomeni e con profonda gratitudine.
 

L’insegnamento deve essere impartito nei riguardi del lavoro specifico di gruppo e praticato consapevolmente nel servizio all’umanità. Esso deve illuminare la via e creare l’unione delle coscienze affinché sviluppi un’azione poderosa. 

      Questa unione comporta l’obbedienza occulta  e consiste nell’adesione consapevole e totale alla Gerarchia Spirituale, sapendo che ogni cosa è parte di un insieme maggiore e che quindi deve subordinarsi all’interesse della comunità. 

      Poiché il discepolo, stabile e polarizzato mentalmente, insegna dal livello mentale, sarebbe opportuno che tutti i fratelli unissero in armonia i loro pensieri, al fin che la potenza generata affermi le manifestazioni dello Spirito. Non dimentichiamo che qualsiasi argomento ha importanza spirituale; ciò che conta è il giusto movente, l’amore e la fiducia stabiliti nel gruppo che possono essere trasmessi coi pensieri telepatici. 

            Il ruolo della nuova educazione deve consistere nell’aiutare gli individui ad affinare la consapevolezza e a conoscere se stessi, così da sviluppare al meglio le proprie potenzialità e agire con responsabilità. “Responsabile” vuol dire soprattutto respons-abile cioè abile nel fornire risposte appropriate ai problemi da affrontare. Acquisire responsabilità significa imparare ad usare la propria consapevolezza, cioè ad agire ponendo l’attenzione sulle conseguenze di ciò che si fa. Naturalmente ciò comporta anche il rischio di sbagliare, ma solo sbagliando s’impara. Un buon educatore, insegnante o genitore che sia, non deve temere gli errori dell’allievo né cercare di evitarli a priori con regole e proibizioni, ma anzi deve lasciare libero l’allievo di fare i suoi errori (almeno quelli non troppo pericolosi) e imparare da essi.  

J.Krishnamurti ci dice che: “Potete avere tutti i titoli accademici del mondo, ma se non conoscete voi stessi, siete molto stupidi. Conoscere se stessi è il fine ultimo dell’educazione. Se non c’è autoconoscenza , il semplice fatto di raccogliere dati o prendere appunti in modo da superare gli esami è una maniera assai stupida di esistere. Potete essere capaci di citare la Bhagavad gita, le Upanishad, il Corano o la Bibbia, ma a meno che non conosciate voi stessi, siete come pappagalli che ripetono le parole altrui senza capirle. Nel momento in cui cominciate a conoscere voi stessi, anche se poco, si è già messo in moto uno straordinario processo di creatività. (…) A partire da questo potete andare sempre più in profondità, all’infinito, poiché non c’è fine all’autoconoscenza”.

 



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