INSEGNAMENTI
PARTE SESSANTANOVESIMA
La concentrazione.
La concentrazione è la capacità di tenere la mente fissa sull’oggetto prescelto senza mai desistere. Gli stadi della concentrazione sono:
· Scelta dell’oggetto.
· Ritiro della coscienza mentale dalla periferia del corpo.
· Coscienza concentrata e fissa nella testa (ajna).
· Fissazione nella mente dell’attenzione sull’oggetto scelto.
· Visualizzazione e percezione figurata di esso con ragionare logico.
· Estensione dei concetti formulati, dallo specifico e particolare, al generale e universale o cosmico.
· Proposito di percepire ciò che sta dentro la forma scelta, cioè l’idea che l’ha prodotta.
La concentrazione dà la facoltà alla sostanza mentale di prendere forma o modificarsi secondo le impressioni. La purificazione del quaternario inferiore è indispensabile e la si ottiene praticando i comandamenti e le regole (Raja Yoga) che danno il controllo degli organi, la calma interiore, la concentrazione e la capacità di vedere il Sé.
La concentrazione è un atto di volontà con il quale la forma è negata dai sensi ed il conoscitore perviene a ciò che in essa vibra all’unisono con la sua anima. Così conosce ciò che la forma (o campo di conoscenza) cerca di esprimere: l’anima che essa racchiude, il tono e la qualità.
La contemplazione.
La contemplazione è l’identificazione del conoscitore con l’anima entro la forma. Questa comunione praticata anche fra esseri umani dà la possibilità di una conoscenza più profonda quando si supera la forma e si perviene alla qualità altrui: si tocca allora quell’aspetto della coscienza che è analogo alla propria. Se ne conoscono i propositi, le aspirazioni, le speranze e gli scopi. Quanto meglio si conosce se stesso e la propria anima, tanto più profonda è la conoscenza del nostro fratello. Infine può identificarsi con lui ed essere quale egli è, conoscendo e sentendo come l’anima sua conosce e sente.
Nella contemplazione l’oggetto (presentato alla mente dalla memoria) non è più considerato, né si ode la parola che lo designa e ne esprime il potere. Solamente l’idea, di cui oggetto e parola sono espressione, è realizzato, e il percipiente penetra nel mondo delle idee e delle cause. È la contemplazione pura, senza forma ne pensiero. Egli guarda il mondo delle cause, vede con chiarezza gli impulsi divini e, avendo così contemplato le opere recondite del regno di Dio, riflette nella mente quieta ciò che ha visto e questa riversa la conoscenza al cervello. Il processo per raggiungere la contemplazione è il seguente:
1. La coscienza del corpo (istintiva e volta all’esterno) si trasferisce nella testa. Ciò richiede il ritirarsi e la definitiva concentrazione della coscienza nella regione della ghiandola pineale.
2. La coscienza si trasferisce dalla testa o dal cervello nella mente; il cervello rimane ben desto ed il ritiro è intrapreso coscientemente tramite il corpo eterico, usando il brahamaranda, cioè l’apertura alla sommità del capo. Tutto ciò senza trance, senza cadere nel sonno o nell’incoscienza. Il processo è attivo.
3. La coscienza passa dalla mente all’anima, nel corpo cauale o loto egoico. Allora cervello, mente e anima sono una unità coerente, viva, desta, positiva e stabile.
È possibile quindi il samadhi o contemplazione spirituale, in cui l’anima osserva il proprio mondo, vede le cose quali sono, conosce la Realtà e Dio.
È estremamente difficile descrivere o spiegare l’elevato stato di samadhi o contemplazione, perché parole e frasi non sono che il tentativo di trasmettere al cervello quanto gli consenta di intendere e volere il processo. Nella contemplazione si trascende:
I. La coscienza cerebrale o le percezioni fisiche di tempo e spazio.
2. Le reazioni emotive al soggetto della meditazione.
3. Le attività mentali, sì che tutte le modificazioni del principio pensante e le reazioni emotive del desiderio—mente sono soggiogate e non se ne è più coscienti. Si è tuttavia intensamente vivi, positivi e vigili, perché cervello e mente sono sotto rigido controllo e non possono interferire. Letteralmente ciò significa che la vita indipendente delle forme, mediante cui opera il Sé reale è acquietata e dominata ed egli, cosciente nel proprio mondo, fa pieno uso del cervello, della mente e dei corpi del sé inferiore, suo veicolo o strumento. Egli è perciò concentrato in sé, cioè nell’anima. Ogni senso di separazione del sé minore è trasceso, ed egli si identifica con l’anima della forma oggetto di meditazione.
4. Non ostacolato dalla sostanza mentale ne dal desiderio, entra in samadhi, che ha quattro caratteristiche: Assorbimento nella coscienza dell’anima, e per ciò consapevolezza dell’anima di tutte le cose. La forma è perduta di vista e si scorge la realtà che tutte le forme celano.
5. Liberazione dai tre mondi della percezione sensoria, di modo che si conosce e sperimenta soltanto ciò che non è vincolato, né dalla forma, né dal desiderio, né dalla mente concreta.
6. Realizzazione dell’unità con tutte le anime, subumane, umane e superumane. Lo si può esprimere dicendo coscienza di gruppo, così come coscienza separata, ossia consapevolezza dell’identità individuale e caratteristica della coscienza nei tre mondi.
7. Illuminazione o sensibilità all’aspetto luce come punto di essenza ignea (fuoco). La pratica nel meditare permette di focalizzare quella luce su qualsiasi oggetto e di mettersi in rapporto con la luce che esso nasconde. Si constata allora che essa è una in essenza col suo proprio centro di luce e quindi comprende, comunica e s'identifica.
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