INVOCAZIONE
PARTE SETTANTATREESIMA
A mano a mano che l’umanità penetra nel mondo del significato, le forme verbali assumeranno sempre minore importanza, e soltanto il pensiero concentrato, basato sulla giusta comprensione, potrà conseguire i risultati. Noi siamo i pionieri di questa forma di lavoro relativamente nuovo.
I processi di Intenzione e di Visualizzazione sono stati eseguiti e i quattro stadi della tecnica di Proiezione sono stati conclusi. Al punto di massima tensione il discepolo proferisce la Parola di Potere del terzo raggio intelligenza attiva.
Per il discepolo di questo raggio non è facile raggiungere il necessario punto focale di silenzio; la sua intensa fluidità lo conduce a molte parole o a una grande attività mentale, spesso stimolata dall’annebbiamento astrale.
Questo fatto diminuisce la potenza di ciò che cerca di fare. Ma quando riesce a conseguire il “silenzio mentale” ed è semplicemente un punto di concentrazione intelligente, allora può usare la Parola di Potere con grande efficacia.
La difficoltà consiste nel fatto ch’egli deve vincere la tendenza ad usarla con l’idea nella sua coscienza di risultati sul piano fisico. Egli opera sempre dal punto di vista di quell’aspetto divino che è caratteristico della materia, proprio come il discepolo di secondo raggio lavora sempre dal punto di vista della qualità, e il discepolo di primo raggio da quello della positività dello spirito.
Ma una volta che abbia compreso intuitivamente e capito tramite l’esperienza il concetto che spirito e materia sono una sola realtà, e sia giunto alla sublimazione della materia dentro di sé, potrà allora separarsi da tutto ciò che l’essere umano suppone riguardo alla forma. Può allora proferire la Parola di Potere che renderà possibile la sua completa identificazione con lo spirito, tramite l’antahkarana. Questa parola è “IO SONO IL PROPOSITO STESSO”.
Negli archivi dei Maestri vi sono alcune Regole per Discepoli d’origine antichissima. Fra di esse ve n’è una così vecchia e astrusa che soltanto ora è possibile portarla all’attenzione dell’umanità, grazie all’accresciuta percezione mentale e spirituale dell’aspirante moderno. Si può tradurre inadeguatamente come segue:
“La luce è vista, un minuscolo punto di luce penetrante. Questa luce è calda e rossa. Si avvicina, e rivela man mano le cose quali sono, le cose che possono esistere. Essa penetra il terzo centro e rimuove tutto l’annebbiamento emotivo ed il desiderio. “Si vede una luce per mezzo della luce inferiore — una luce di tepore e calore. Essa penetra fino al cuore, e in quella luce tutte le forme si vedono pervase da una luce risplendente. Ora si percepisce il mondo delle forme illuminate, collegate l’una all’altra dalla luce. Questa luce è blu ed è di natura fiammeggiante. Fra la luce calda e rossastra e questa chiara luce arde un bagliore di fiamma — una fiamma in cui si deve penetrare prima di entrare nella luce blu ed usarla. “Allora si percepisce un’altra luce, la chiara luce fredda, che non è luce ma tenebra nella sua purezza più pura —la LUCE di Dio stesso. Rende oscura ogni altra cosa accanto a Sé; tutte le forme svaniscono e tuttavia la vita intera permane. Non è luce quale noi la conosciamo. È la pura essenza di quella Luce che rivela Se stessa mediante la luce”.
Era alla seconda luce, che il Buddha e il Cristo allusero entrambi quando dissero: “Io sono la luce del mondo”. È la Luce di Dio stesso, il Signore dei Mondi, in cui le Vite della Camera del Consiglio di Shamballa vivono, si muovono e sono. È il riconoscimento delle varie “luci” sulla Via Illuminata, che denota l’esser pronti per l’iniziazione.
L’iniziato entra nella luce in un senso peculiare; essa permea la sua natura in qualunque punto del tempo e dello spazio; lo rende capace di entrare in contatto con ciò che finora non era visto e di vederlo e, sulla base della nuova conoscenza acquisita, di dirigere ancora oltre i suoi passi. In questo momento non sto parlando in termini simbolici.
Ogni iniziazione oscura la luce già acquisita ed usata, ed immerge l’iniziato in una luce superiore. Ogni iniziazione mette il discepolo in grado di percepire un’area di coscienza divina fino allora a lui sconosciuta, ma che diviene un normale campo d’esperienza e d’attività dopo che egli si è familiarizzato con essa e con i suoi fenomeni, le sue qualità vibratorie e le sue interrelazioni particolari.
Così (se posso esprimerlo in questo modo) i mondi delle forme viventi e delle vite senza forma diventano il proprio mondo. Nella sua percezione mentale entra di nuovo la dualità; perché ora egli è consapevole dell’area illuminata dalla quale proviene, o punto di tensione o d’iniziazione, mentre tramite il processo iniziatico egli scopre un’area nuova ed ancor più luminosa nella quale ora può entrare.
Questo non implica l’abbandono del campo d’attività precedente nel quale ha lavorato e vissuto, significa semplicemente che ha di fronte nuovi campi di responsabilità e di opportunità; perché ora — grazie al proprio sforzo — è in grado di vedere maggiore luce, di camminare in una luce più grande, di dimostrare più adeguatamente di prima le sue capacità entro questa più ampia area di possibilità.
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