INVOCAZIONE
PARTE SETTANTAQUATTRESIMA
È il riconoscimento delle varie “luci” sulla Via Illuminata, che denota l’esser pronti per l’iniziazione. L’iniziato entra nella luce in un senso peculiare; essa permea la sua natura in qualunque punto del tempo e dello spazio; lo rende capace di entrare in contatto con ciò che finora non era visto e di vederlo e, sulla base della nuova conoscenza acquisita, di dirigere ancora oltre i suoi passi.
In questo momento non sto parlando in termini simbolici. Ogni iniziazione oscura la luce già acquisita ed usata, ed immerge l’iniziato in una luce superiore. Ogni iniziazione mette il discepolo in grado di percepire un’area di coscienza divina fino allora a lui sconosciuta, ma che diviene un normale campo d’esperienza e d’attività dopo che egli si è familiarizzato con essa e con i suoi fenomeni, le sue qualità vibratorie e le sue interrelazioni particolari.
Così (se posso esprimerlo in questo modo) “i mondi delle forme viventi e delle vite senza forma diventano il proprio mondo. Nella sua percezione mentale entra di nuovo la dualità; perché ora egli è consapevole dell’area illuminata dalla quale proviene, o punto di tensione o d’iniziazione, mentre tramite il processo iniziatico egli scopre un’area nuova ed ancor più luminosa nella quale ora può entrare.
Questo non implica l’abbandono del campo d’attività precedente nel quale ha lavorato e vissuto, significa semplicemente che ha di fronte nuovi campi di responsabilità e di opportunità; perché ora — grazie al proprio sforzo — è in grado di vedere maggiore luce, di camminare in una luce più grande, di dimostrare più adeguatamente di prima le sue capacità entro questa più ampia area di possibilità. Perciò l’iniziazione è una continua fusione di luci in cui si entra progressivamente, che permette così all’iniziato di vedere sempre oltre, in modo più profondo e più inclusivo. Come ha detto uno dei Maestri: “La luce deve entrare verticalmente ed essere diffusa o irradiata orizzontalmente”.
Questo crea la croce del servizio sulla quale il discepolo rimane sospeso fino a quando la croce di Sanat Kumara non gli sia rivelata; allora saprà perché questo pianeta è — per ragioni sagge e adeguate — il pianeta del dolore, dell’assenza di passione e del distacco. Sapendo questo, conosce tutto ciò che la nostra vita planetaria gli può dire e rivelare. Egli ha trasmutato la conoscenza in saggezza. È al centro di questa croce di servizio che si deve trovare il punto di fusione e il punto di tensione. Il punto di fusione è creato concentrando dinamicamente tutto il potere, tutte le mire e i desideri del discepolo sul piano mentale; il punto di tensione è creato quando il potere invocativo di questo punto focale diventa capace di evocare la risposta da quello che è invocato.
Per l’aspirante medio e per il discepolo esso può essere sia l’anima, che la Triade Spirituale. L’incontro delle due energie focalizzate produce un punto di tensione. I discepoli non dovrebbero concentrare l’attenzione sul compito di produrre un punto di tensione. Dovrebbero ricordare la vita di attività duplice, cioè quello che già si è in quel momento di impegno, e quello nel quale fondere e unire questo sviluppo già raggiunto. La potenza del suo riflettere su questa duplice direzione produrrà automaticamente il punto di tensione, mezzo della fusione delle giuste dualità.
È mediante l’attività della mente inferiore che viene realizzata la fusione con l’anima, con successivi punti di tensione che si intensificano; è mediante l’attività instaurata tra la mente superiore e l’inferiore, che diviene possibile la fusione con la Triade Spirituale, con punti di tensione che sorgono in molti punti lungo il ponte, l’antahkarana; è mediante l’attività della ragion pura, che diviene possibile la fusione con la Gerarchia, ed è ciò che produce quei punti di tensione, che chiamiamo Iniziazioni. Vi sono necessariamente punti di tensione ancor più elevati, ma in questo momento ci occupiamo di quelli chiamati iniziazioni.
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