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Ottantesima

 

 

 

 

 

 

SERVIZIO

PARTE OTTANTESIMA

 

Il Maestro cerca coloro che vibrano all’unisono con quell’aspetto del Piano di cui è responsabile e insegna loro a subordinare la personalità ai suoi requisiti. Anche la purificazione e i giusti atteggiamenti del pensiero sono secondari per il discepolo perché riguardano il personale e sono il compito dell’anima individuale che li dirige, e non il Maestro.

La capacità di essere un giorno discepoli del mondo, dipende dalla capacità di decentrarci e dimenticare non solo la nostra personalità, ma anche quella dei condiscepoli, dei collaboratori e di chiunque s’incontra. Procedere verso un servizio sospinti dall’amore del prossimo che arde nei nostri cuori. Questo tempo di crisi esige:

·         La mobilitazione di ogni discepolo che comporta di concentrare le energie, il tempo e le risorse del discepolo verso l’umanità.

·         Richiede di rinnovare la dedizione al servizio e consacrare la vita di pensiero e la pratica di quell’oblio di sé che esclude umori e sentimenti, desideri, risentimenti, lamentele personali e ogni meschinità nei rapporti con il prossimo.

·         Sul piano fisico significa condizionare tutta l’esistenza attiva esteriore, si che la totalità della vita sia un servizio solo.

 

        Una delle prime lezioni, per chi si appresta all’iniziazione, è quel difficile e duplice atteggiamento che permette la corretta attività personale e un vivido interesse alle proprie vicende, che non permette che alcunché di personale interferisca nella vita spirituale soggettiva, nel servizio e nella preparazione all’iniziazione.

        Distogli gli occhi da te stesso, dalle personalità dei condiscepoli e perfino dal Maestro e dimentica tutto, tranne la necessità di chi incontri nella vita. Servi, chiudi la porta ad ogni pensiero del sé minore, alle reazioni ingenerate dai tuoi confratelli o ad aspirazioni devozionali e gettale via. Con cuore tenero, per amore e pietà, servi quelli che incontri, sapendo che “ogni cuore ha la sua amarezza”. La Gerarchia si attende dal discepolo quanto segue:

·         Riposo, divertimento, ozio, dispute e critica non avranno posto nella vita del discepolo; sarà opportuno curare debitamente il fisico e guardare con divina indifferenza i sentimenti.

·         Occorre completa dedizione a soccorrere l’umanità, perfetta consacrazione al piano, cooperazione intelligente con chi si riconosce come discepolo anziano, saper scegliere la giusta azione nelle varie circostanze, senza indebolire l’efficienza.

·         Conservare l’energia mediante il silenzio e con quella radianza continua che nasce dall’oblio di se stesso.

         

    Verrà dunque certamente il tempo in cui, come individui e membri di un gruppo di un Maestro, subordineremo la vita della personalità al bisogno dell’umanità, nell’interesse del Maestro.

 

Dovremmo:

·         Essere, e non lottare tanto duramente per avere.

·         Dare, senza più combattere la tendenza a non dare.

·         Dimenticare i nostri corpi fisici e non prestare loro soverchia attenzione (e avremo salute migliore).

·         Pensare, non più immersi nel mondo dei sentimenti.

·         Porre saggiamente al primo posto e, come normale procedura, il lavoro del Maestro.

 

      Il Maestro deve evocare nei discepoli una tale profondità d’amore consacrato e una tale comprensione dell’opportunità attuale, che gli aspetti personali della vita svaniranno nella loro coscienza. Che la massima cura sia il modo di servire!

      L’interazione e il rapporto responsivo col Maestro, si conseguono soltanto dopo un lungo ciclo di rapporti esteriori del discepolo accettato, prima alla periferia e infine entro l’Ashram. Non si ottengono quando si cerca di meritare questa posizione di potere. Sono semplicemente il risultato silenzioso, quasi inconscio dell’abnegazione, dell’oblio di sé, dalla sua decentralizzazione e nel suo assorbimento nel compimento del piano divino al massimo della sua capacità, che distinguono il discepolo accettato.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 



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