FIORE DI LOTO
PARTE CENTODUESIMA
Sul sentiero del ritorno la rinuncia è la regola. La vita entrostante rinuncia alle forme fino allora considerate, necessariamente, essenziali. Usando ora l’intelligenza che a collegato le due paia degli opposti, spirito e materia, coscienza e forma, le forme costituite di materia e con l’aiuto dell’intelligenza vengono ripudiate una dopo l’altra, ancora con l’aiuto della stessa intelligenza o facoltà raziocinante tramutata in saggezza.
Le forme scompaiono, ma la vita permane. I colori sono gradualmente assorbiti, ma le virtù divine persistono, ora stabili e utilizzabili perennemente grazie all’esperienza. Questi attributi divini non sono potenziali, ma sviluppati in poteri utilizzabili. Le facoltà inerenti sono divenute caratteristiche attive elevate all’ennesima potenza. I veli sono rimossi uno ad uno; gli involucri vengono lasciati cadere e sostituiti.
I veicoli non sono indispensabili e le forme non sono più necessarie, ma la vita sempre rimane e torna al raggio che l’ha generata. Si risolve nel suo primario, arricchita di attività ed espressione, di esperienza e di capacità di manifestarsi e di tutto ciò che differenzia il selvaggio ignorante dal Logos solare.
Ciò è giunto a compimento poiché la vita si è servita delle molteplici forme, usando l’intelligenza come mezzo per impiegarle come metodo di apprendimento. Essendosi manifestato come un aspetto di quel raggio primario, avendolo differenziato durante molte incarnazioni nelle sue molteplici parti costituenti, e dopo averlo velato con tutti i sette colori che lo compongono, lo Jiva che si reincarna si avvia sul sentiero del ritorno e dai sette diviene il tre e dal tre di nuovo l’uno.
Quando l’uomo lo fa coscientemente, quando volontariamente e con piena comprensione di ciò che deve fare tenta di liberare la vita entrostante dai veli che la nascondono e dagli involucri che la imprigionano, scopre che il metodo per giungervi è quello della vita soggettiva di meditazione occulta e della vita oggettiva di servizio.
Il servizio comporta rinuncia e, secondo la legge occulta, nel servizio ciò che è soggettivo si libera dalla manifestazione oggettiva. Riflettetevi, poiché molto è celato sotto il velo delle parole.
Lo studente di occultismo, riguardo al colore, in meditazione deve perciò fare due cose:
1. Scoprire i suoi tre colori principali manifestati nella personalità, nell’Ego e nella Monade.
2. Risolvere quindi il quaternario inferiore nel tre; il primo stadio di questo processo è il conscio ritrarsi nell’Ego con la conseguente atrofia del sé inferiore.
Lo studente comincia eliminando i colori non desiderabili,
escludendo ogni vibrazione bassa o grossolana e infine
affinando i suoi veicoli al punto che i suoi tre colori
principali – di cui è espressione – splendano con
chiarezza perfetta. Ciò lo eleva fino alla terza iniziazione.
Dopo di che egli cerca di risolvere i tre nell’uno finché
non abbia tratto tutta la sua coscienza dai veicoli inferiori
all’involucro monadico.
Non intendevo, come a torto avete supposto, darvi informazioni sugli effetti che i colori producono sui corpi durante la meditazione. Ho cercato soltanto di darvi qualche idea del colore inteso come un velo che alla fine deve essere rimosso. Tratterò forse di ciò che vi interessa sotto il titolo “Uso futuro del colore”, ma comprendere gli elementi fondamentali è assai meglio che possedere formule con cui sperimentare.
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