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SETTANTUNO

 

 

 

 

 

 

INVOCAZIONE

PARTE SETTANTUNESIMA

 

            L’Invocazione non è fede, ma conoscenza e convinzione e il discepolo poggia su questa convinzione realizzata, agisce in base ad essa e vi fa affidamento. Questo diventa un atteggiamento immutabile e irremovibile. Il significato delle invocazioni diverrà più chiaro se il discepolo rifletterà sulla distinzione tra fede e convinzione; è questa asserzione divina che mantiene l’universo in esistenza; è questa asserzione divina, che è l’incarnazione della totalità di conoscenza e amore, e il discepolo di primo raggio deve cominciare a usare questo metodo. Poggiando sulla sua prerogativa divina di asserzione. Riflettete su questa affermazione. È il metodo di Shamballa e il diritto, la prerogativa e il privilegio stabiliti di tutte le anime di primo raggio.

 

            La vivida luce dell’anima di secondo raggio (la più vivida, in quanto sistema solare di secondo raggio) domina la luce della forma, e irradia fino alla luce triadica. L’invocazione implica, se così mi posso esprimere, lo sforzo intenso per vedere nella luce la relazione del tutto, e questa è una delle esperienze più potenti alle quali il discepolo possa essere assoggettato. Non è visione, e nemmeno aspirazione di vedere la visione. È la visione totale espressa «dall’Occhio di Dio», «l’Occhio Onniveggente».  Implica la realizzazione della luce dell’espressione divina, di cui la luce dell’anima è il pallido riflesso.

 

Il discepolo ha appreso il significato della luce solare e di quella lunare (la luce dell’anima e della forma) ma questa è un’altra ancora. È la gran luce obliterante della realtà stessa, che rivela il fatto della via illuminata superiore o Iniziazione maggiore che conduce al nirvana, e la proiezione dell’antahkarana ne è il primo stadio realizzato coscientemente dal discepolo.

Questa luce è l’anima in incarnazioneche registra il Potere; è il simbolo (l’aspetto forma) e il Potere (l’aspetto Spirito) che agiscono come grande mezzo di creazione e gettano un ponte attraverso tutte le barriere e gli stati separativi della coscienza, stabilendo così la completa unità. Tecnicamente, e sul sentiero del discepolato, questo ponte fra la personalità nei suoi tre aspetti e la Monade e i suoi tre aspetti è chiamato antahkarana. Esso è il prodotto dello sforzo congiunto dell’anima e della personalità, operanti insieme coscientemente per creare questo ponte. Quando esso è completo, vi è un rapporto perfetto fra la Monade e la sua espressione sul piano fisico.

La terza iniziazione segna il compimento del processo, ed esiste allora una linea diretta di rapporto fra la Monade e il personale inferiore.

La quarta iniziazione segna la completa realizzazione di questo rapporto da parte dell’iniziato. Lo mette in grado di dire (io e il Padre mio siamo uno). È per questa ragione che ha luogo la Crocifissione o la Grande Rinuncia. Non dimenticate che è l’anima che viene crocifissa, quindi è il Cristo che «muore». Non è l’uomo. Non è Gesù. Il corpo causale scompare e l’umo è cosciente in senso monadico. Il corpo dell’anima non serve più ad alcuno scopo utile, non è più necessario. Non rimane altro che il sutratma, qualificato dalla coscienza. Una coscienza che conserva ancora l’identità pur essendo fusa nel tutto.

   

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


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