FIORE DI LOTO
PARTE SETTANTOTTESIMA
Volontà
La volontà si manifesta sul piano superiore e come desiderio sul piano inferiore. Il desiderio è inseparabile dall’emozione. La volontà è il potere che sta dietro la conoscenza e stimola l’attività; il pensiero è l’attività creatrice, ma la volontà n'è la forza motrice. Io voglio odorare, io voglio parlare, io voglio udire, io voglio pensare è la volontà di Atma. La mente è l’occhio celestiale che osserva tutti gli oggetti desiderabili. Per mezzo del celestiale occhio mentale, Atma gode la percezione di tutto. Con sforzi incerti, ma costanti e sostenuti, il Sé divino, col procedere dell’evoluzione, diventerà sempre e più sovrano, il sovrano interno, l’immortale che si siede nei veicoli creatisi per la sua propria espressione. Il sovrano interno può essere ancora ostacolato da quelle stesse forme che Esso si è costruito per esprimersi; ma riconoscendosi sovrano, esso può lavorare con fermezza a sottomettere completamente il suo regno. Esso collabora con la Volontà suprema e ciò lo aiuta a fare e sopportare tutto ciò che è necessario per realizzare il suo scopo. Egli è “re de jure non ancore de facto”.
Quando la volontà nel suo progresso involutivo, velandosi sempre più su ogni piano, raggiunge l’astrale, vi appare come desiderio.
Il desiderio
Il desiderio manifesta l’energia, la concentrazione, le impellenti caratteristiche della volontà, ma la materia ha usurpato lo spirito, il suo governo, la sua direzione invece vi domina. Il desiderio è la volontà detronizzata, prigioniera, schiava della materia. Non è più spontanea ma viene determinata dalle attrazioni dell’ambiente.
Quando il Sé determina l’attività, indipendentemente da attrazioni e repulsioni verso oggetti circostanti, allora è la volontà che si manifesta. Quando attrazioni o repulsioni esterne determinano l’attività e l’uomo è attirato qua e là da queste, sordo alla voce del Sé, incosciente del Sovrano Interno, allora è desiderio.
I desideri inferiori debbono tramutarsi in superiori e l’energia purificarsi senza perdere nulla del suo potere; e finalmente la natura del desiderio deve svanire nella volontà, radunando tutte le energie e riversandolo nell’aspetto volontà dello spirito, Potere di Sé.
In questo viaggio non è possibile un naufragio finale, ma soltanto un’avaria momentanea, e, poiché la tempesta è più propizia per il progresso che non la calma, così coloro in cui infuria la tempesta possono attendere con sicura convinzione il giorno in cui le raffiche dei desideri si trasformeranno nel vento costante della volontà.
Quando sorge il dolore v’è desiderio di sottrarvisi, sorge il senso di repulsione, opposto a quello di attrazione prodotto dal piacere. Da ciò risulta che nel desiderio vi sono due correnti. Dalla volontà di vivere sorge il desiderio di sperimentare, e questa, nel veicolo inferiore, manifestandosi come desiderio, diventa da un lato desiderio di esperienze che intensificano il senso della vita e dall’altro una repulsione per tutto ciò che indebolisce e deprime. Tanto l’attrazione quanto la repulsione appartengono alla natura del desiderio e sono le due grandi energie motrici della vita. Il Sé viene attirato qua e là respinto da quello e da questo, lanciato fra oggetti piacevoli e dolorosi, come un battello senza timone e in balia delle correnti d’aria e del mare.
La mente inferiore si collega direttamente col desiderio ed è inestricabilmente commista a quello nell’evoluzione umana che essi sono in verità, così strettamente uniti, che spesso parliamo di kama-manas, desiderio-mente, come di una cosa sola tanto è raro trovare nella coscienza inferiore anche un solo pensiero che non sia influenzato dal desiderio. “A ragione si afferma che manas è duplice; puro e impuro; l’impuro è determinato dal desiderio e il puro è libero dal desiderio”.
Quando un piacere è stato provato ed è svanito sorge il desiderio di riprovarlo. Ciò implica memoria che è una funzione della mente. La sensazione generata da un contatto esterno dev’essere stata prodotta molte volte prima che la mente la ricolleghi all’oggetto esterno che la generò. Col ripetersi di questa percezione si stabilirà nella memoria un legame definitivo tra l’oggetto e la sensazione piacevole o dolorosa. Così, l’unione del pensiero col desiderio da origine ad un desiderio particolare, il desiderio di trovare e di appropriarsi l’oggetto piacevole.
Il potere propulsivo del desiderio genera il pensiero; il potere direttivo di questo guida l’azione (desiderio-pensiero-azione). Questa concatenazione è invariabile. Non si può determinare intenzionalmente il karma, senza capire questa concatenazione, poiché, solo in tal modo, si può distinguere fra le azioni evitabili e quelle inevitabili.
Per mezzo del pensiero possiamo modificare il desiderio e con questo l’azione. Quando la mente vede che certi desideri hanno fatto nascere dei pensieri, i quali hanno spinto verso azioni apportatrici di dolore, essa può in avvenire resistere a tali stimoli del desiderio rifiutandosi di compiere quelle azioni che già riconosce per disastrose, risvegliando l’energia repulsiva del desiderio ed immaginare le felici conseguenze di desideri di natura opposta. L’attività creatrice del pensiero può venire esercitata nel modificare il desiderio e la sua energia propulsiva può venir rivolta in una migliore direzione; si può quindi utilizzare il pensiero e padroneggiare il desiderio e si può da schiavo trasformarlo in padrone. Il pensiero così inizia la trasmutazione del desiderio in volontà, modificando la direzione dell’energia espansiva dall’esterno all’interno, dagli oggetti esterni che attraggono e respingono allo Spirito intimo Signore.
Il desiderio di possedere un oggetto stabilisce un legame tra l’oggetto stesso e la persona che lo desidera. Noi vincoliamo al Sé questa porzione del non-sé ed il legame fino al possesso dell’oggetto o finché il Sé lo spezzi ripudiandolo. Questi sono i “vincoli del cuore” che legano il Sé alla ruota delle nascite e delle morti.
La cosa desiderata viene a far parte del corpo del Sé e, se è dannosa, dev’essere strappata via a costo di qualsiasi sofferenza o altrimenti verrà soltanto consumata dal lento attrito del tempo e del disgusto. “Soltanto i forti possono ucciderlo, i deboli devono attendere che cresca, fiorisca e muoia”.
Per recidere i legami del desiderio bisogna ricorrere alla mente ove risiede il potere che da prima purificherà e poi trasmuterà il desiderio.
La mente registra le conseguenze dell’appropriazione di ogni oggetto del desiderio, notando l’unione con quell’oggetto col Sé incarnato derivò felicità o dolore Quando dopo ripetute appropriazioni, essa trova che il risultato è dolore lo registra come oggetto da evitare in avvenire. “Il diletto nato dal contatto è, in realtà, sorgente di dolore”. Così nasce la lotta dove il pensiero cerca di utilizzare contro il desiderio la forza stessa di quest’ultimo. Esso sceglie oggetti atti ad offrire una felicità relativamente duratura, e cerca di utilizzarli contro quelli che prontamente si risolvono in dolore. Opporre quindi soddisfazioni artistiche a piaceri sensuali, fama e potere politico o sociale a soddisfazioni del corpo stimolerà il desiderio a compiacersi nel bene, lo rafforzerà nell’astinenza da piaceri viziosi; farà trionfare finalmente il desiderio di pace eterna sui desideri di gioie effimere. Distogliendosi dagli oggetti la stessa energia si rivolgerà verso l’alto e l’interno, ad unire l’uomo alla vita da cui procede e nella cui unione sta la sua più sublime Felicità.
|