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SETTANTOTTESIMA

 

 

 

 

 

 

SERVIZIO

PARTE SETTANTOTTESIMA

 

La sesta regola è l’opposto polare della regola data ai postulanti. Nella sua esegesi quella regola descritta in “Iniziazione Umana e Solare”, tro­verete che l’obiettivo del caso era la purificazione fisica, con l’accento posto sulla necessità della dieta vegetariana ad un certo stadio del processo preparatorio. Le ragioni di tale disciplina erano due: la purificazione e la necessità, per il postulante a quello stadio, di astenersi dal condividere “gli effetti derivanti dal cosiddetto “togliere la vita”, Ma si può togliere la vita? Penso di no. La vita È. Nulla in cielo o in terra può toccarla o influenzarla. Questo è un punto sovente dimenticato. Di conseguenza, la regola data ai postulanti riguarda la loro capacità di accettare una disciplina autoimposta e di aderirvi. Per mezzo di questa disciplina il postulante dimostra a se stesso il dominio della natura fisica e astrale, e l’effetto della disciplina e di risvegliare certe debolezze fondamentali e inevitabili come il predominio della natura animale, la potente imposizione del desiderio, il senso di superiorità, di orgoglio e di separatività.

    La sua capacità di sopportare la disciplina e la stima di sé, perché riesce a farlo, oltre  che al senso di   superiorità nei confronti di coloro che non sono così disciplinati, sono tutti segni di debolezza, il suo fanatismo latente o espresso, emerge con chiarezza nella sua coscienza e, se è sincero, anche se è cosciente di aver raggiunto una certa purezza fisica, è allo stesso tempo consapevole che forse comincia da ciò che è esteriore ed evidente, mentre dovrebbe cominciare da ciò che è interiore e non così facile da raggiungere ed esprimere.

    Moderazione in tutte le cose, uso avveduto di tutte le forme che ci sostengono e oblio di sé come caratteristiche che contraddistinguono il discepolo, ma non il principiante. Oggi molti discepoli che dovrebbero trovarsi nell’Aula della Saggezza continuano a lavorare fanaticamente nell’Aula della conoscenza e sono ancora così zelanti nelle discipline fisiche, che le discipline dell’anima restano ignorate. Le regole minori sono regole nel tempo e nello spazio e non possono trattenere il gruppo.

Le sofferenze prodotte da eccesso di sensibilità indicano accentramento su se stesso, che a sua volta contrasta quella necessaria inclusività che darà successo al servizio prestato al gruppo. È una grave debolezza quando la sensibilità fa focalizzare indebitamente sul sé minore.

È necessario liberare la bellezza celata nel vero oblio di e stabilizzare il gruppo con la dedizione e la sincerità. Non bisogna curarsi delle cose secondarie e personali ma prodigare se stessi ed il proprio tempo, dedicandoli ai confratelli, presta te stesso con gioia, forza e amore senza che il cuore, le parole e i pensieri li riportino al se minore.

Per servire bene il gruppo bisogna conseguire l’impersonalità nelle questioni personali, così, oltre che essere utili a se stessi, si alimenta la vita, perché si è un canale per la vita gerarchica, e non semplicemente un ricevente di essa.

 

Quali sono gli stadi da attraversare per procedere e lavorare affrancati dal “complesso dell’io”?

·         Rifiutarsi di drammatizzare; bisogna procedere con il servizio, lo studio e la meditazione dimenticando sé stessi per i doveri di gruppo, le esigenze del mondo e per il lavoro programmato dai maestri.

·         Riflettere sull’anima, rafforzando il contatto con essa con un allineamento più stabile.

·         Pensare sempre in termini di gruppo e non di se stessi.

·         Mettere più attenzione all’esame serale.

 

In una vita dedicata al servizio soggettivo e oggettivo si deve sempre praticare la divina arte della decentralizzazione. Essendo il servitore, per forza di cose, posto al centro, l’atteggiamento interiore da coltivare deve essere quello di una programmata attenzione periferica d’identificazione con coloro che si istruisce.

I mezzi per liberare se stessi sono:

·         Focalizzare l’attenzione nella testa.

·         Allineare i corpi con la respirazione corretta e sorvegliata per l’astrazione finale.

·         Identificarsi con gli altri dimenticando il sé minore e che il movente sia giusto.

·         Prestare intenso interesse dinamico al tema del momento, senza fanatismo e limitazioni, consapevole che, convenientemente trattato, qualsiasi argomento ha importanza spirituale.

 

Bisogna dimenticare se stesso e:

·         Servire come anima, la cui natura è amore impersonale, e non come  personalità che tende a stare al centro.

·         Non parlare mai di se stessi ma avere interesse solo per coloro che si serve.

·         Agire come anima con umiltà, gratitudine e serenità affrettandosi verso un servizio più proficuo.

·         Orientare la mente verso la luce e vederci l’anima o il Piano divino o parte di esso.

·          Purificare la vita astrale affinché possa essere un canale per l’amore divino che scorre verso tutto ciò che si'ncontra.

·         Manifestare la natura di un Figlio di Dio e così salvare chi soffre, ed elevare i piccoli.

 

Coloro che si avvicinano a noi in cerca di aiuto non debbono essere visti nella luce della loro personalità e nei termini delle loro reazioni nei nostri confronti, ma come anime e agenti della Gerarchia.

E’ difficile per l’anima, che è saggis, amorevole e intelligente, far sentire la propria presenza quando il suo riflesso prova simpatie e antipatie, reazioni emotive e idee personali.

Con la divina indifferenza per le cose personali, per le simpatie e antipatie, per le preoccupazioni, le ansietà e gli insuccessi, si è in grado di percepire l’importanza del lavoro e l’occasione propizia, contrariamente a ciò non si esercita l’influsso necessario su chi ne ha bisogno, che invece riceve l’onda delle preoccupazioni, dei timori e del desiderio di piacere.

In relazione al gruppo, non dovete preoccuparvi con troppa intensità del vostro sviluppo, stato e servizio; tutti hanno bisogno d’imparare a decentrarsi, sì che il lavo­ro sia la prima cosa. Allora, l’intenso interesse per gli aspetti personali, per le debolezze del carattere, per un fine gradito, per le condizioni fisiche cesseranno. Vedrete che la “divina indifferenza” è di grande aiuto per dimenticare il sé minore, il quale molte volte appare di sì vaste proporzioni da offuscare il maggiore; si pone tra il discepolo ed il Maestro e ostacola il contatto con i condiscepoli, ostacolando il servizio.

  

 

 

 

 

 

 

 

 

 


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