INVOCAZIONE
PARTE NOVANTADUESIMA
La realtà di questo processo è dimostrata dall’emergere di quella qualità fondamentale che è sempre stata inerente al desiderio stesso: la facoltà d’immaginazione dell’anima, che stimola il desiderio e diventa una facoltà creativa superiore man mano che il desiderio s’innalza, conducendo a realizzazioni sempre più elevate.
Questa facoltà invoca infine le energie della mente, e la mente, più l’immaginazione, col tempo diventa un grande agente di invocazione e creazione. È così che la Triade Spirituale è messa in rapporto con la triplice personalità.
In opere precedenti ho detto che il piano astrale fondamentalmente non esiste come parte del Piano divino; è unicamente il prodotto dell’annebbiamento astrale, di kama-manas — un annebbiamento che l’umanità stessa ha creato e nel quale ha praticamente vissuto fin dai primi giorni di Atlantide.
L’effetto del crescente contatto con l’anima non è stato semplicemente di disperdere le nebbie astrali, ma è servito anche a consolidare, e perciò ad utilizzare efficacemente l’immaginazione con la sua irresistibile, potente facoltà creativa.
L’energia creativa, quando è usata da una mente illuminata (con la sua facoltà di costruire forma - pensiero) è usata dal discepolo per creare dei contatti più elevati di quello con l’anima, e per mettere in forma simbolica ciò di cui diviene consapevole per mezzo di una linea d’energia — l’antahkarana — ch’egli crea scientificamente e con costanza.
Si potrebbe dire (sempre in modo simbolico) che ad ogni iniziazione egli mette alla prova il ponte di collegamento e scopre progressivamente la validità di ciò che ha creato sotto l’ispirazione della Triade spirituale e con l’aiuto dei tre aspetti della mente (la mente astratta, l’anima o Figlio della Mente, e la mente concreta inferiore), uniti alla cooperazione intelligente della sua personalità pervasa dall'anima.
Nei primi stadi del lavoro invocativo, lo strumento usato è l’immaginazione creativa. Questo lo mette in grado, proprio all’inizio, di agire come se fosse capace di creare in questo modo; poi, quando la coscienza immaginativa del "Come se" non serve più, diventa coscientemente consapevole di ciò che egli, con speranza e attesa spirituale, ha cercato di creare; scopre che questo è un fatto esistente e sa, senza alcun dubbio, che “la fede è la sostanza di cose sperate, l’evidenza di cose non viste”.
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