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NOVANTASEI

 

 

 

INVOCAZIONE

PARTE NOVANTASEIESIMA

 

La Natura dell’Antahkarana

 

Una delle difficoltà connesse allo studio dell’antakharana è il fatto che finora il lavoro compiuto per costruirlo è stato interamente inconscio. Perciò nelle menti degli uomini il concetto relativo a questa forma di lavoro creativo e alla costruzione del ponte incontra dapprima poca risposta da parte della natura mentale; inoltre, per esprimere queste idee dobbiamo praticamente creare una terminologia nuova, perché non esistono parole adatte per definire ciò che intendiamo. Come durante gli ultimi quarant’anni le scienze moderne hanno sviluppato una terminologia propria, così questa scienza deve sviluppare il suo vocabolario particolare. Nel frattempo dobbiamo fare del nostro meglio con le parole di cui disponiamo.

 

In secondo luogo vorrei chiedere a coloro che cominciano a studiare questi argomenti di rendersi conto che con il tempo comprenderanno, ma che al momento non possono che fare affidamento sulla tendenza immutabile della natura subcosciente ad affiorare alla superficie della coscienza come attività riflessa dello stabilire la continuità di coscienza. Questa attività riflessa della natura inferiore corrisponde allo sviluppo della continuità fra il superconscio e la coscienza, che si sviluppa sul sentiero del discepolato. Tutto fa parte, in tre stadi, del processo d’integrazione che dimostra al discepolo come tutta la vita è (in termini di coscienza) rivelazione. Riflettete su questo.

 

Un’altra delle difficoltà che si presentano nel considerare qualunque scienza esoterica che tratti di ciò che è stato chiamato “lo sviluppo cosciente dei divini riconoscimenti” (che è la vera consapevolezza) è l’antica abitudine dell’umanità di materializzare ogni conoscenza. Tutto ciò che l’uomo impara, col passare dei secoli è applicato al mondo dei fenomeni naturali e dei processi naturali, e non al riconoscimento del , il Conoscitore, lo Spettatore, l’Osservatore. Perciò, quando l’uomo entra sul Sentiero, deve educarsi ad usare la conoscenza in rapporto all’Identità consapevole di sé, all’Individuo che è contenuto in sé e che si auto-inizia. Quando è in grado di fare questo, trasmuta la conoscenza in saggezza.

 

In precedenza ho parlato di “conoscenza-saggezza” che sono sinonimi di forza-energia. La conoscenza usata è forza che si esprime; la saggezza usata è energia in azione. Queste parole esprimono una grande legge spirituale, una legge che dovreste considerare con attenzione. La conoscenza-forza riguarda la personalità e il mondo dei valori materiali, la saggezza-energia si esprime attraverso il filo della conoscenza e il filo creativo, che insieme costituiscono una duplice corda intrecciata. Per il discepolo essi rappresentano una fusione del passato (filo della coscienza) e del presente (filo creativo) e insieme formano quello che, sul Sentiero del Ritorno, viene comunemente chiamato l’antahkarana.

Ciò non è del tutto esatto. Il filo di saggezza-energia è il sutratma o filo della vita, poiché il sutratma (quando fuso col filo della coscienza) è anche chiamato antahkarana. Potrei forse chiarire meglio la questione facendo notare che, sebbene questi fili esistano eternamente nel tempo e nello spazio, appaiono distinti e separati fino a quando l’uomo non è un discepolo della prova, momento in cui diviene cosciente di sé e non soltanto del non-sé. Esiste il filo della vita o sutratma e il filo della coscienza, l’uno ancorato nel cuore, l’altro nella testa. Durante tutti i secoli passati, il filo creativo, nell’uno o nell’altro dei suoi tre aspetti, è stato tessuto lentamente dall’uomo; la sua attività creativa durante gli scorsi duecento anni sta ad indicare questo fatto, cosicché, oggi il filo creativo è un’unità, parlando in generale per l’insieme dell’umanità ed in modo specifico per il singolo discepolo, e forma un filo robusto strettamente intessuto sul piano mentale.

 

 

 

 

 

 

 


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