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CENTOTTO

 

 

 

 

SERVIZIO

PARTE CENTOTTESIMA

 

Il     movimento internazionale per i diritti umani è cresciuto abbas­tanza perché la sua azione diventi un fatto storico. Dall’Unione So­vietica all’Albania, dall’Uganda al Ciad, dall’Argentina al Cile, dalla Cambogia al Kuwait, il succedersi dei regni ha rivelato l’orrenda verità sulle violazioni commesse dallo precedenti autorità: crimini quasi sempre negati quando venivano denunciati dalle organizzazioni per i diritti umani. E la gente in questi paesi —_dalle madri degli scomparsi scese in piazza in America Latina agli ex prigionieri poli­tici che ora siedono in alcuni palazzi presidenziali esteuropei - ribadisce che il rispetto per i diritti umani è un’esigenza della società nel suo complesso, non un pallino degli occidentali.

Nel corso dello sviluppo di A.I., l’America Latina è passata dalle peggiori esperienze dittatoriali ad un sistema di democrazia elettiva: in Argentina, Brasile, Cile ed Uruguay le guerre sporche (portatrici di arresti, torture, assassini e sparizioni) sono finite. Ma in Guatemala, El Salvador, Colombia e Perù, anche se Governi legittimamente eletti che hanno pubblicamente affermato il loro impegno per il rispetto dei diritti umani, non sono riusciti a tradurre tale impegno in realtà. In questi paesi come altrove, una sorta di élite politica non vuole o non è in grado di difendere i diritti umani dei settori più marginali della società: i bambini di strada, gli indigeni, i contadini, ecc.

            I cambiamenti politici nell’Europa Orientale sono stati più recenti drammatici, e proprio la situazione dei diritti umani è stata uno dei fattori che ha favorito il crollo di questi regimi. Il fatto di essersi opposti in passato alle violazioni dei diritti umani è una della caratteristiche che l’opinione pubblica apprezza maggiormente nei nuovi dirigenti di queste società. Mentre molti ex prigionieri politici sono ora al potere, la capacità e la volontà politica dei nuovi Governi di salvaguardare i fondamentali diritti umani viene messa oggi alla prova dai rischi politici insiti nel passaggio ad un diverso sistema economico ed alle tensioni etniche nate proprio dalla libertà di espressione di cui questi popoli si sono riappropriati. In Europa Occidentale come in Europa Orientale nell’Irlanda del Nord come nel Kosovo, nei paesi Baschi come in Georgia, la vigilanza delle organizzazioni per i diritti umani rimane essenziale, proprio perché le minoranze etniche ed i gruppi nazionalisti rischiano di subire trattamenti che neanche il più evoluto sistema di giustizia riesce ad evitare.

Gli eventi dell’Europa Orientale si sono riverberati in tutto il mondo ed hanno stimolato una nuova e più forte richiesta a favore di una democrazia multipartitica nei Paesi africani, una prima risposta alla quale è stata la liberazione di centinaia di prigionieri Politici, in Paesi come il Benin, lo Zaire e lo Zambia. Il 1991 rappresenta anche il decimo anniversario della Carta Africana dei Diritti Umani e dei Popoli, che è un po’ il simbolo della volontà autonomamente africana di affermare il rispetto dei diritti umani: i principi contenuti nella Carta sono ora ripresi dalle Costituzioni di Namidia, Mozambìco e Benin. Ma ancora molti regimi — Etiopia, Kenya, Malawi, Togo e Repubblica Centraficana per citarne alcuni — non vogliono aprirsi alla libertà di espressione politica e altrove — come in Liberia, ancora Etiopia e Mauritania — i diritti umani sono violati nell’ambito di conflitti etnici assai violenti. Il Sudafrica, l’ultimo regime minoritario bianco dell’Africa, ha conosciuto drammatici sviluppi politici, contrassegnati dalla liberazione di molti ed importanti prigionieri politici ma anche dalla prosecuzione degli arresti e delle torture degli oppositori.

Il ritmo del cambiamento politico sembra essere più lento in Asia, ma anche qui la richiesta di un maggiore rispetto per i diritti umani si è ben radicata nelle popolazioni di più svariati paesi: dalle Filippine al Myanmar, dalla Cina al Nepal. In alcuni casi, grandi speranze sono state sconfitte dalla brutale repressione delle autorità cinesi e birmane, o dal sostanziale fallimento dei Governi, come nel Caso delle Filippine. La resistenze di tipo culturale al riconoscimento del fatto che i diritti umani attraversano le barriere costituite dai confini nazionali, è ancora dura da superare in molti Paesi asiatici: non solo in Cina, e Myanmar, ma anche il India, Indonesia e Viet Nam. Ma la voce della gente cresce anche in questi Paesi, ed il rapido sviluppo economico del Giappone, della Corea del Sud e di Taiwan che altri sperano di emulare può in alcuni casi aver determinato anche una maggiore consapevolezza della necessità del rispetto dei diritti umani.

            Quest’anno il mondo arabo è stato sconvolto dalla guerra. La crisi nel Golfo non solo ha fatto conoscere le terribili violazioni dei diritti umani commesse dagli iracheni, ma ha anche ricordato al mondo le lunghe e costanti sofferenze dei palestinesi e dei Curdi ed infine ha consentito di mettere in discussione la legittimità di molti regimi dove la libertà di espressione è profondamente repressa. Resta da vedere se la questione dei diritti umani sia stata solo un’arma propagandistica da sfruttare contro Saddam Hussein, o se invece i vincitori, dalla Siria all’Arabia Saudita, mostreranno un nuovo rispetto per i diritti umani, così come i paesi rimasti estranei al conflitto (Israele e Iran). E come andrà a finire in Giordania e Yemen, dove prima della guerra erano state adottate misure atte a favorire una più grande libertà di espressione per i diritti umani?

            I paesi mediorientali detengono alcuni fra i peggiori records in materia di violazione dei diritti umani, ma anche in questa regione operano coraggiosi attivisti per i diritti umani, la cui determinazione e tenacia sono cresciute in questi giorni proprio a seguito della guerra.

            Il mondo ha imparato che l’ampiezza del rispetto o della violazione dei diritti umani può variare a seconda degli eventi politici. Gli ultimi 30 anni hanno dimostrato che la gente che lavora unita nelle organizzazioni indipendenti e volontarie, dentro e fuori dai confini nazionali, può incidere in modo significativo sul rispetto dei propri come degli altrui diritti, a breve come a lungo periodo. La buona notizia è che oggi ci sono più paesi in cui la situazione dei diritti umani sta migliorando più che peggiorando.

 

 

 

 

 

 

 

 


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