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CENTODICIASETTE

 

 

 

 

 

INVOCAZIONE

Introduzione

PARTE CENTODICIASETTESIMA

 

Il desiderio, se concentrato e compatto può invocare la volontà; questa, una volta evocata, pone termine al desiderio e diventa una forza immanente, propulsiva, direttiva, stabilizzante, illuminante e anche distruttiva. È molto più di tutto ciò, ma questo è quanto l’uomo può capirne per il momento, data la comprensione di cui dispone. Questa volontà — suscitata dall’invocazione  — dev’essere focalizzata nella luce dell’anima e dedicata a fini di luce e per i giusti rapporti umani da usare (con amore) per distruggere ciò che ostruisce e uccide (in senso spirituale e reale) il libero flusso della vita umana.

 

Questa Volontà deve essere invocata ed evocata. Non mi riferisco con ciò all’uso delle due Invocazioni, né della terza, che è stata ultimamente data. Mi riferisco alla coscienza focalizzata degli uomini e delle donne di buona volontà, le cui vite sono condizionate dalla volontà di adempiere con amore i propositi di Dio che cercano di comprendere in modo impersonale, e che non temono la morte.

 

Due grandi ostacoli si oppongono alla libera espressione della forza di Shamballa nella sua vera natura. Uno è la sensibilità della natura inferiore, che prostituisce quella forza a fini egoistici, come fu del popolo tedesco, sensibile ma negativo, che la usò, assieme alle altre nazioni dell’Asse, per scopi materiali. L’altro è l’opposizione frenante, confusa ma compatta delle persone di buone intenzioni che parlano in termini vaghi e ornati dell’amore, ma rifiutano di considerare le applicazioni tecniche della volontà divina.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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