UNIONE MEDIANTE IDENTIFICAZIONE CON IL TUTTO
Carlo Setzu
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Rapporto con il Maestro.
L’aspirante non deve lasciarsi ossessionare dall’idea del Maestro. È però richiesto di sapersi comportare secondo la realizzazione del Piano Gerarchico e conciliare il libero arbitrio con l’accettazione del Maestro. Certe condizioni e limiti contraddicono la libertà intesa nel senso comune, ma con la cultura e con la vita vissuta degnamente e senza introdurre preconcetti soprannaturali, prende forma il gran concetto del Maestro. Realizzarne l’importanza significa passare la prima porta dell’evoluzione. Questa concezione pratica contiene conoscenza e creazione.
Lo Yogi agisce, e il suo atto si tramuta in bellezza, e così i suoi discepoli imparano a praticare nell’istante stesso della comprensione. Gli allievi devono sapere che, quando il Maestro è assente, devono dominarsi, non essendo ancora del tutto compreso il concetto del Maestro, e così la loro imprevidenza libera troppa libertà, e la via dell’Amrita (precipitato delle energie più sottili) è preclusa.
La realizzazione dei vari rapporti fra Maestro e allievo ha un senso stabilito, certo, le fasi d’approccio all’insegnamento differiscono, tanta attrazione è nelle prime, altrettante responsabilità nelle seguenti. Nel mondo astrale si nota che, chi ha media capacità di comprensione, non si dà la pena di salire in vetta, la sua quota di comprensione lo assolve dalla sofferenza, senza imporgli il dovere dell’autosacrificio. Lo stesso avviene allo spirito che cresce, le prime chiamate suonano piacevoli e benevoli, e quegli stati di tutela minorile non implicano responsabilità, ma la coscienza migliora e lo spirito si qualifica per una missione speciale. Ciascuna di queste contrasta con la vecchia logica del mondo, e quindi incontra difficoltà e pericoli. Pochi sanno gioire, quando si tratta di superare un ostacolo, e molti sono persino propensi a rimpiangere quella coscienza di media evoluzione, scomparsa per sempre.
I comandi si fanno brevi e il lavoro si basa sull’azione indipendente, gli amici diminuiscono e le ostruzioni si ammassano come montagne invalicabili, mentre le vittorie sembrano di nessun rilievo, gli effetti delle energie più sottili non sono discernibili, quei dolori intermittenti, detti sacri, sono una tortura, la divisibilità e la trasmissione dello spirito restano inesplicabili, ma supremo si leva il compimento del desiderio per il Bene Generale. La cooperazione spirituale cresce, e lo spazio non la limita, il rapporto con l’ambiente muta, e il lavoro “nello spazio” cessa d’essere un concetto vuoto di senso. Le missioni assegnate causano gioia, e sono il proprio inalienabile lavoro, non potrebbe essere altrimenti. Questa gioia non si esprime con salti e capriole, ma la giusta valutazione delle circostanze rende severi, ma la vita si trasforma e, dalle alture, si vedono le “spire del Drago terrestre”.
Chi conosce lo Yoga del Fuoco, non abbandona il timone della vita, come potrebbero fare gli asceti, i fanatici e i superstiziosi, il suo sacrificio sarà grande e marcerà sempre sull’orlo delle esplosioni, anche se avrebbe potuto proseguire con calma la sua vita, ma la quiete non è prerogativa del Fuoco, che distrugge di continuo per creare.
Ciò che si chiama comando della volontà è un’emissione d’energia psichica, che, quale prodotto dell’elemento Fuoco, colpisce accerchiando le radiazioni più deboli, ciò significa che per rafforzare l’aura occorrono una coscienza pura e l’intervento del Fuoco. Il Fuoco riempie l’uomo di coraggio e distaccato da ciò che è transitorio, quando si realizza, la gioia non è più del passato, percepisce il Fuoco che tutto pervade e comprende facilmente che la comunione gerarchica si attua per suo mezzo. Il Fuoco ruggisce tutto attorno, Sta a noi averlo per alleato o per nemico.
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