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IL SENTIERO

Carlo Setzu

 

Seconda parte di tre 

 

Nelle prime fasi del discepolato e nelle ultime del sentiero della prova, si prende coscienza di facoltà e poteri non ancora controllati dall’intelligenza. Si hanno lampi di penetrazione mentale e di conoscenza che paiono inesplicabili e senza valore pratico. Si registrano vibrazioni e fenomeni appartenenti a reami diversi, ma senza conoscere i processi e senza potere ripetere né rievocare l’esperienza. Talvolta si riesce a localizzarle, e comunque si ammette in teoria che una struttura settemplice, di forma simbolica e di uso potente, sta ridestandosi ad una attività consapevole; ma non si è ancora in grado di controllarla, e per quanti sforzi si facciano non si riesce a costringerla a cooperare in maniera intel­ligente ai fini e agli ideali che si perseguono. Si può soltanto registrare e annotare quei fenomeni, tenendo sempre presente che nelle prime fasi del processo la coscienza cerebrale percepisce solo le vibrazioni più lente e materiali. Non c’è che da attendere e applicarsi a purificare i propri veicoli, eliminando ciò che potrebbe deformare la visione. Sarà un periodo lungo, se si pene­tra per la prima volta nella coscienza soggettiva, o breve, se si riprende una preparazione precedente non ancora del tutto compiuta.

 

Il      discepolo in prova viene istruito, per lo più, senza che se ne renda conto con chiarezza. Mentre s’industria seriamente di prepararsi a servire, scopre le sue propensioni errate, e l’analisi dei movente, se condotta con decisione, mirabilmente lo eleva dal piano astrale o emotivo al mentale. È qui che si incontra il Maestro.

 

Il      discepolo in prova può essere accettato in un gruppo del maestro solo quando l’intuizione comincia in lui a essere attiva.

 

Un buon carattere, un’etica elevata, una nobile condotta e l’aspirazione spirituale sono requisiti fondamentali e insostituibili, ma in se non bastano per avere il diritto di entrare nell’Ashram del Maestro.

 

Per il privilegio di essere un avamposto della sua coscienza occorre un grado di disinteresse e dedizione che pochi possiedo­no; essere attirati entro la sua aura, si che quella del discepolo sia parte integrante dell’aura del gruppo, presuppone una purezza di cui pochi dispongono; essere ascoltati dal Maestro e il diritto di accostarlo a volontà esigono una sensibilità e una finezza di discriminazione che sono di pochi, perché costano care; ma l’anima onesta e sincera che abbia le doti richieste non viene mai respinta.

 

“Il sentiero del giusto è come una luce splendente”, e l’essere umano deve divenire egli stesso quel sentiero. Entra nella luce e diventa luce e vive allora come una lampada accesa nelle tenebre che illumina altri e ne rischiara la via.

 

La seconda cosa che il Maestro considera prima di ammettere un uomo come discepolo nel suo gruppo, è se la condizione del “karma” lo consente, o se esistono nel suo passato circostanze che lo vietino per quella incarnazione.

 

Si diventa discepoli e sì merita l’attenzione del Maestro solo se la nostra vita ha un certo valore nel mondo, se si è influenti nella propria sfera, e se si è capaci di plasmare le menti e i cuori di altri uomini.

 

Tutto il progresso sul sentiero discende dalla facoltà di far nostro l’insegnamento ricevuto. Le lezioni interiori entrano a far parte della nostra esperienza e non sono più solo teoriche quando si trasmutano in conoscenza pratica. L’espandersi della coscienza  deve essere qualcosa sempre più sperimentato. Le teorie non servono se non si mutano in fatti. Ecco perchè è importante meditare sull’ideale. Ciò facendo i nostri pensieri, temporaneamente si accordano alla frequenza di quel concetto e in seguito quella vibrazione diviene permanente.

 

Sul sentiero le espansioni di coscienza si susseguono con sensibilità sempre più perfetta alle vibrazioni superiori. Essa da prima si manifesta come percezione della voce interiore, facoltà indispensabile al discepolo. I Grandi cercano appunto chi sa obbe­dire con prontezza al comando dell’anima. Tutti gli aspiranti sono esortati ad ascoltare anche la voce del Maestro. Questi non ha molto tempo da perdere e occorre reagire subito alla Sua impressione. Un cenno, un’indicazione rapida, sono spesso quanto può dare, e bisogna essere vigili.

 

Uno dei passaggi importanti che incombe sul sentiero del discepolato è la coscienza collettiva crescente intesa come campo di favorevoli occasioni, sfera di servizio e possibilità gloriosa di sacrificarsi per il bene comune. Si tratta di accertare ti nostro livello evolutivo in un dato momento.

 

 Alle spalle di ciascuno si stende una lunga serie di esistenze, e qualcuno è in procinto di essere una personalità prepotente ed egoista e quindi sta per acquisire la piena coscienza individuale, progresso per lui importante. Altri, già personalità integrate, iniziano a sperimentare con l’energia che li anima, e raccolgono attorno a se alcuni che vibrano con la stessa frequenza, e che hanno un vero messaggio da trasmettere. Ciò spiega il formarsi di miriadi di piccoli gruppi in tutto il mondo, in ogni campo di attività. Altri ancora, superata questa fase, si decentrano; dalla personalità nei tre mondi e sono sospinti dalla più elevata delle energie personali. Non si impegnano né lottano più per esprimere la loro personalità e per imporre se stessi o per radunare magneticamente un gruppo che guardando a loro ne alimenti l’orgo­glio e l’ambizione per sentirsi influenti e importanti. Cominciano ad intendere in modo diverso, secondo prospettive più vere. Nella luce del Tutto quella del sé minore impallidisce e scompare. La luce degli atomi del corpo si condensa e poi si oblitera nel fulgore dell’anima, quando risplende in tutta la sua gloria.

 

            “Un’intera generazione di ricercatori può produrre un solo adepto” per due ragioni: il vero ricercatore è colui che si avvale della sapienza della sua generazione e, pur essendo il prodotto migliore del suo tempo, non è soddisfatto e la sua sete interiore di saggezza resta insaziata. Egli sente che deve esistere qualcosa di più importante del sapere e dell’esperienza accumulata dal suo tempo. Realizza che restano altri passi da compiere e cerca nuove conquiste da aggiungere a quelle dei suoi contemporanei. Nulla lo soddisfa finchè non scopre la Via, nulla estingue il desiderio che arde nel centro del suo essere, se non ciò che lo attende nella casa del Padre. Egli è ciò che è perchè tale lo hanno fatto tutte le ricerche minori, che ha trovato insoddisfacenti, ed ha seguito molte guide solo per accorgersi che erano “ciechi che guidavano ciechi”. Non gli resta che farsi guida di se stesso e trovare la via da solo. Nella solitudine che è propria di ogni vero discepolo sboccia la conoscenza e la fiducia di se che a tempo debito ne faranno un Maestro. Essa non è dovuta ad un atteggiamento separativo, ma è una della condizioni stesse della Via.

 

            La seconda ragione è che il vero ricercatore è talmente coraggioso da stare saldo e suonare chiara la sua nota nel bel mezzo dei turbini mondani; e che sa vedere, oltre le nebbie e i miasmi terreni, il centro di pace donde si dirigono tutte le vicende del mondo e presta orecchio attento (avendo udito un mormorio della voce del silenzio) alla vibrazione superiore e quindi è sordo alle voci mi­nori e seducenti. Anche ciò causa solitudine e quella elevatezza che, alla sua presenza, viene avvertita da chi è meno evoluto…

 

 

Continua.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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