IL PIANO
Carlo Setzu
Seconda parte di cinque
Governare la natura emotiva
Il primo problema che si pone all’aspirante è il controllo della natura emotiva. In tal modo vince sul campo di battaglia, il “Kurukshetra”; le nubi si allontanano, ed egli cammina nella luce. Ma il fatto stesso di procedere nella luce comporta altri problemi. Quali? Ecco: quando si cammina, letteralmente, nella luce dell’anima, e la luce del sole ci attraversa, mostrando il sentiero, appare, nello stesso tempo, il Piano. E ci si accorge d’un tratto che il grande Disegno è ancora ben lungi dall’essere realizzato. L’oscurità acquista evidenza, caos, miserie, fallimenti delle società umane appaiono distinti; si scorgono la polvere e il sudiciume sollevati dalle forze in contrasto; si percepisce con sgomento tutto il dolore del mondo. Come resistere a tanta pressione? Come sostenere quella sofferenza e gioire della coscienza divina? Come affrontare ciò che la luce rivela eppure seguitare con serenità, certi del trionfo finale? Non riusciranno a sopraffarci i mali superficiali, a farci dimenticare il cuore d’amore che pulsa in tutte le apparenze esteriori? Il discepolo deve sempre tenere presente questa situazione se non vuole finire distrutto da ciò che ha scoperto.
Ma con l’avvento della luce egli s’accorge di un energia che gli è nuova; impara a lavorare in un campo diverso. Il regno della mente gli si para dinanzi ed egli scopre di saper distinguere fra emozione e pensiero; s’avvede inoltre che può costringere la mente a dirigere e che le forze senzienti ne obbediscono gli stimoli; ciò è ottenuto dalla “luce della ragione” sempre presente nell’uomo ma chiara e potente solo quando la si conosce e percepisce, in senso sia fenomenico che intuitivo.
Una della prime lezioni che lo studente deve apprendere, mentre si dedica alla natura e all’uso della mente, è forse che l’opinione pubblica deve lasciare il posto alla coscienza del diritto individuale, usata e concentrata in modo da rivelarsi poi nelle sua debite proporzioni come germe vivente capace di sbocciare nel fiore divino del Figlio della Mente, il Manasaputra, e come quel filo sottile che riporta nel reame della mente Universale. Se seguito questo filo di coscienza conduce nell’Aula del Consiglio di Shamballa dove si custodiscono il proposito e il piano della Vita maggiore, dove gli egoismi umani svaniscono nella luce trasparente della Volontà divina.
La vera comprensione e il retto uso e controllo della natura astrale e senziente guidano l’uomo nel cuore stesso del divino, ad apprendervi che tutto è bene, poiché tutto è Amore. L’uso giusto della mente e l’esatta conoscenza dell’intelletto lo conducono nella mente divina ove apprende che tutto è bene poiché tutto è previsto e le mete sono tutte conseguite.
Energie
Se si afferma che la volontà trasmessa mediante la mente disciplinata si incorpora in sette energie, e che esistono sette tipi umani che vi corrispondono, senza dubbio la cosa appare chiara e non impossibile a comprendersi. Ma lo si capisce davvero? Sette energie e sette mentalità reagenti che dipendono dai sette raggi! In questa frase appaiono le differenziazioni dell’anima quale è compresa dalla mente. Sono le sette diversità che sostituiscono il molteplice che è proprio della forma. Ma ciononostante sono pur sempre differenze e distinzioni e persistono nell’uomo fin dopo la terza iniziazione. Esse lo gettano in certe grandi categorie di attività e di tendenze secondo il suo raggio, ma sono mentali. Tutte le anime sul piano mentale assumono l’aspetto di Angeli solari, figli divini della mente. Ecco il perché di questi raggruppamenti e il focalizzarsi in sette campi principali delle energie mediante cui il grande Piano si attua. In fasi ulteriori, dopo certe grandi transizioni di coscienza, quando la forma ha perso il controllo, anche queste distinzioni scompaiono e il Piano è visto come un tutto, la Vita è conosciuta nella sua unità essenziale e la parola “Monade” assume un senso reale.
Il Piano
Che cos’è questo Piano? Con questo termine non si allude al piano evolutivo generale nella sua vastità, né a quello che riguarda il genere umano, che talvolta si indica in modo improprio, come sviluppo dell’anima. Questi due aspetti del progetto planetario sono dati per scontati, ma sono solo modalità, processi e mezzi rivolti a un fine specifico. Il Piano ora percepito e che impegna i Maestro, può essere così descritto: produrre nell’umanità una sintesi soggettiva per mutui scambi telepatici, tali da annientare il tempo. Ciò metterà a disposizione di chiunque tutte le conoscenze e le acquisizioni del passato e rivelerà il vero significato della mente e del cervello in modo che l’uomo sia padrone del proprio strumento e quindi onnipresente. L’uomo comprenderà, in modo intelligente e cooperante, l’intento divino per cui Colui in Cui viviamo, muoviamo e siamo ha stimato saggio incarnarsi. Comunque non pensiamo che si possa descrivervi il piano nella sua realtà. Chiunque non sia iniziato di terzo grado non può coglierne neppure un barlume e tanto meno capirlo. Ma lo sviluppo dell’apparato che consente al discepolo il contatto con Chi è responsabile della sua attuazione e la capacità di conoscerne, e non solo di percepirne vagamente il frammento di prossimo sviluppo cui è possibile collaborare, sono acquisibili da tutti i discepoli e dovrebbero essere la meta di tutti gli aspiranti. Tranne i discepoli in prova, non ancora stabili quanto basta, tutti possono dedicarsi con tenacia ad acquisire la continuità di coscienza e riaccendere la luce interiore che, vista e usata con intelligenza, rivela altri aspetti del Piano, quelli specialmente cui l’illuminto può reagire e collaborare con efficienza. Solo quando ci si assoggetta alla disciplina della nostra volontà spirituale e si controlla l’attività delle vite della nostra forma, in tal modo orientandoci verso la meta quale a poco a poco appare alla nostra visione, si perviene a comprendere veramente il Piano, cioè la Volontà divina, per quanto l’uomo può intenderla.
In tutti i grandi movimenti è presente un pensiero o un aggregato di pensieri proiettato nella mente degli idealisti dai membri della grande Fratellanza bianca (Gerarchia). Essi intonano l’idea, scelgono un uomo o un gruppo e “iniettano” in loro un concetto. Colà esso germoglia e s’incorpora in altri pensieri, non più così puri ne così saggi e necessariamente colorati dalle peculiarità del pensatore. A loro volta queste forme-pensiero sono captate dalle menti concrete che, afferratene le linee generali, le concretizzano e le definiscono in forme più nette, più facilmente accessibili per l’umanità in genere. Così l’idea originale è scesa sui livelli mentali inferiori e si rendono possibili altri sviluppi. Se ne impossessano coloro che sono focalizzati nel corpo emotivo per i quali esso è attraente e diventa di dominio pubblico. È ormai praticamente pronta ad assumere una forma fisica ed ecco allora l’ideale applicato alle esigenze della vita terrena. Nella discesa graduale ha perso molto della sua antica bellezza, non è più così pura e limpida come appena concepita, è deformata in rapporto al modello originale ma ciononostante è più adatta all’uso pratico e può servire come punto di partenza per mete superiori.
La percezione del Piano e la sua concretizzazione successiva implicano unità umane e quindi gli uomini sono strumenti necessari. I Grandi trasmettono la visione di possibilità immense e garantiscono le indicazioni occorrenti per tramutarle in fatti, ma nulla più. Particolari, metodi e l’opera necessaria per concretizzare l’ideale sono lasciati all’uomo. Spetta al discepolo che organizza e trasmette il Piano provvedere ai dettagli e all’azione opportuna. È allora bene per lui rammentare che, con i suoi schemi minori, egli opera sotto la stessa legge osservata dai Grandi nelle loro imprese maggiori e che le difficoltà insorgono quando si giunge ai rapporti umani e al modo di farne buon uso. Secondo l’opera gli uomini si suddividono in tre classi:
1. Quelli che percepiscono il Piano e sono incaricati di elaborarlo.
2. Quelli che servono come strumenti ma sono ciechi alle finalità maggiori.
3. Quelli che nulla sentono, salvo ciò che riguarda i loro interessi egoistici.
I Maestri possono aver contatto con il primo gruppo Essi operano con loro e se ne ripromettono un certo successo. Entrambi odono il Suono e vedono il Piano. Il secondo gruppo deve essere utilizzato nel migliore dei modi dai discepoli. Il terzo è di solito escluso dall’afflusso di energia e usato solo in caso di necessità.
Una delle condizioni principali che il discepolo deve osservare per percepire il Piano e servire il Maestro, è la solitudine. Nella solitudine (meditazione) sboccia la rosa dell’anima; il Sé divino parla, le facoltà e le grazie del Sé superiore mettono radici nella personalità e fioriscono. Nella solitudine il Maestro può accostarsi per imprimere nell’animo quieto la conoscenza che vuole impartire, la lezione da apprendere, il metodo e il piano dell’opera che il discepolo deve comprendere. Nella solitudine si ode il suono. I Grandi devono lavorare con gli uomini e il Piano e la visione sono molto ostacolati dalle imperfezioni di questi strumenti
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“La luce dell’intuizione”: ecco una frase per descrivere l’energia che incorpora il Proposito, il Volere divino, il Piano quale da noi concepito. “La luce dell’anima”: sono parole per esprimere lo scopo, il Piano, la Volontà di quelle entità incarnate in forma umana e talora senza corpo, hanno il compito di concretizzare i concetti divini nei quattro regni della natura. Il regno umano è per eccellenza il mezzo espressivo della Mente universale e quando i figli di Dio in forma umana saranno perfetti, i problemi del mondo saranno in gran parte risolti. Pienamente consapevoli di sé in quella forma (ma ciò e di pochi per ora) essi sono letteralmente il cervello della vita planetaria.
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