La Contemplazione Carlo setzu
Vi rammento la definizione che ne diede Evelyn Underhill: «un interludio fra due attività». Questo silenzio s’instaura dopo l’operazione (così difficile per il principiante) di allineare anima – mente - cervello, calmare il corpo emotivo, concentrarsi e meditare, orientando la mente verso un mondo nuovo, a disposizione dell’anima: corrisponde all’inalazione. In questa fase la coscienza, prima rivolta all’esterno, si raccoglie e si eleva, quando l’esito è giusto, essa sfugge alla personalità, al meccanismo, e muta totalmente.
L’anima nel suo mondo si attiva, e la mente e il cervello lo registrano. L’attività personale conosce un periodo di sospensione, uno stato d’attesa ispirata. Il meccanismo è completamente quiescente. La mente è salda nella luce e l’anima pensa, come sempre, all’unisono con tutte le anime, attinge alle risorse della Mente Universale e così formula i propositi in armonia con il Piano Divino.
A quest’intervallo di percezione dell’operosità egoica succede l’esalazione: l’interludio termina; la mente ritorna attiva e, se è stata ben orientata e ricettiva, diviene interprete e strumento dell’anima, che ora ha rivolto “la luce del suo cospetto sulla personalità in attesa”. L’anima, per suo mezzo, può allora attuare i piani allestiti durante l’interludio della contemplazione. La natura emotiva è trascinata, dal desiderio, ad esternare i disegni con cui la mente riorientata intende descrivere la sua esperienza, il cervello riceve le impressioni trasmesse e l’esistenza fisica si organizza in modo da concretare a dovere quei piani. Tutto ciò naturalmente presuppone un meccanismo educato, preparato e molto sensibile: il che è ben raro a trovarsi.
Il secondo tempo dell’interludio è possibile solo dopo il primo, contemplativo. Il discepolo che vuole collaborare con la Gerarchia dei Maestro partecipando attivamente alle Loro imprese nel mondo fisico, deve non solo imparare ad avvalersi della realizzazione contemplativa, ma anche utilizzare scientificamente gli interludi fra inalazione ed esalazione fisica. È questa la vera scienza del pranayama, e tale n’è lo scopo. È in gioco, necessariamente, la coscienza cerebrale. È possibile allora utilizzare a dovere l’interludio fra le due fasi del respiro, quando si sa osservare quello contemplativo che interessa l’anima, la mente e il cervello. Come la mente è rimasta salda nella luce e ricettiva alle impressioni dall’anima, così il cervello recepisce quella della mente.
Nella prima fase dell’interludio (visto dall’anima e personalità unificate) occorre subito dopo l’inalazione egoica, allorché la coscienza si è ritratta all’interno. la seconda al termine della prima, quando l’anima riapre la coscienza al mondo oggettivo, All’inalazione succede l’esalazione, che ha anch’essa il suo interludio. Il discepolo deve imparare ad usare con facilità questi due intervalli dell’anima, il primo dei quali agisce sulla mente, l’altro sul cervello.
Come sempre, esiste un’analogia fisica di questo divino processo d’inalazione ed espirazione, con i due interludi di silenzio e di pensiero. Ripeto le conseguenze di questi intervalli. Durante quello superiore, il pensiero divino o astratto impressiona l’anima e si trasmette alla mente in attesa; nell’altro, la mente, con pensiero concreto e tentando di dare forma al pensiero divino, impressiona il cervello e determina all’azione il corpo fisico.
Gli studiosi d’occultismo, che hanno fornito prova di devozione e pacatezza mentale, e hanno osservato (per usare la formula delle antiche scuole di meditazione) i cinque comandamenti e le cinque regole e quindi raggiunto il giusto equilibrio, possono servirsi degli interludi fra i due aspetti del respiro fisico per intensificare l’azione e per usare la volontà a fini magici. La coscienza, Localizzata nel cervello, dopo aver contemplato può concretare il piano a livello fisico mediante l’energia concentrata della volontà, espressa in silenzio dall’uomo. Gli intervalli fra le fasi del respiro sono due anch’essi: dopo l’inalazione e dopo l’esalazione, e quanto più esperto è il discepolo, tanto più sono prolungati, e quindi maggiore è l’occasione di operare magicamente e di pronunciare le parole di potere che attuano il proposito divino.
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