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IMPERSONALITA

 Carlo Setzu

 Per il lavoro di gruppo occorrono quattro qualità: sensibilità, doti psichiche, polarizzazione mentale e impersonalità.

La sensibilità

La sensibilità è la capacità di espandere la coscienza; essere consapevoli di aree di contatto sempre maggiori; essere attivi e pronti nel riconoscere i rapporti superiori; solleciti nel reagire positivamente alle necessità dell’umanità in modo mentale ed emotivo con l’amore altruistico; sviluppare rapidamente il potere di osservare in tutti e tre i mondi simultaneamente. Non interessano al Maestro l’errata sensibilità personale, la pietà di sé, lo scontento per la propria poca stima, per i malintesi, per le condizioni ambientali e per l’orgoglio ferito.

Queste manchevolezze toccano la vita del gruppo e debbono essere eliminate con cura e con occhio vigile che percepisce il pericolo da lontano e lo evita.

La vera sensibilità è la prontezza al contatto con l’anima, alla sua “voce”, alla ricettività delle idee nuove e alle delicate reazioni intuitive. Questi sono i contrassegni del vero discepolo.

La sensibilità spirituale dev’essere coltivata. Questo è possibile quando si usano le energie dei centri al di sopra del diaframma e si trasmuta l’attività del presso solare, convertendola in quella del cuore mediante l’amore

L’impersonalità non è facile da conquistare per chi ha la personalità integrata, perché egli si fa governare dalla sua potenza. Ricordiamoci che vi è una stretta relazione fra l’impersonalità ed il distacco.

Molte idee ritenute preziose, molte qualità acquisite a fatica, certa rettitudine alimentata con cura e molti preconcetti formulati con forza militano contro l’impersonalità. È arduo, durante il tirocinio iniziale, restare fedele all’ideale, perseguire con volontà la propria integrazione spirituale, e rimanere tuttavia impersonale nei rapporti umani. Egli desidera che la sua lotta e le sue vittorie siano riconosciute; desidera ardentemente che la luce accesa in lui susciti reazioni in altri; vuole essere conosciuto come discepolo e benefattore; si tormenta per dimostrare il suo potere e la propria capacità di amare, si da evocare ammirazione. Ma nulla accade, egli non viene considerato migliore degli altri, la vita perciò non lo soddisfa.

Le doti psichiche.

Per il lavoro gerarchico bisogna sviluppare le doti psichiche superiori, come:

·        La risposta intuitiva alle idee.

·        La sensibilità a quanto un Maestro voglia imprimere nella mente del discepolo (al momento del plenilunio).

·        La pronta risposta intelligente ed altruistica alla richiesta del cuore.

·        L’osservazione accurata della realtà a livello egoico: da ciò ne deriva l’esatta percezione mentale, la libertà dall’illusione, dalle nebbie astrali e illuminazione del cervello.

·        L’uso corretto della forza, ciò implica la comprensione del tempo, con il suo ciclo di flusso e riflusso e i periodi favorevoli all’azione, acquisibili con l’attesa paziente e l’eliminazione della fretta.

La polarizzazione mentale.

Per polarizzazione mentale deve intendersi il suo uso nella meditazione e il controllo del corpo astrale; è necessario vivere interiormente sempre più a livello mentale. L’atteggiamento meditativo dev’ essere conservato non per pochi minuti la mattina o in certi altri momenti, ma costantemente, con fermezza, senza discese e per tutto il giorno. Ciò implica il costante orientamento verso la vita e verso un’esistenza diretta dall’anima.

L’impersonalità

L’impersonalità sarà possibile ai discepoli quando i singoli membri e i singoli gruppi perderanno di vista se stessi in favore del gruppo, per poter compiere l’opera gerarchica. Nel lavoro di gruppo (attività dell’Ashram) i sentimenti, le reazioni, i desideri e i successi dell’individuo non contano. È importante soltanto ciò che facilita l’azione del gruppo ashramico e ne arricchisce la coscienza.

Il servizio esterno attivo di un gruppo di discepoli non è di principale importanza, ciò che è importante è il problema  della crisi mondiale attuale e gli straordinari adattamenti nella coscienza umana inerenti alla inaugurazione di una nuova cultura, civiltà e religione mondiale.

Nel perseguire l’impersonalità, non si tratta , come sovente si dice, di “voltare le spalle al mondo”, ma di affrontare il mondo dal livello animico, guardandolo con occhio limpido: “essere nel mondo ma non del mondo”. Ecco il giusto atteggiamento, come è già stato espresso dal Cristo. La natura emotiva, astrale, del desiderio, dell’annebbiamento si placa con la vita dell’anima e con l’uso della mente, così le emozioni egocentriche e personali vengono trasmutate, realizzando l’Essere universale e impersonale. La pura luce della mente deve affluire in tutti gli oscuri recessi della natura inferiore.

Per conseguire dei perfetti atteggiamenti e rapporti di gruppo, ci vuole la costante pratica dell’impersonalità, insieme all’atteggiamento di indifferenza per i desideri, i contatti e i fini personali. Persino quando è coltivata da aspiranti bene intenzionati ha una base egoistica se non si dimentica se stessi, decentrando il punto focale della coscienza dalla personalità all’anima vivente e amorevole.

Altri difetti che militano contro l’impersonalità sono:

·        La mancanza di visione per poca acutezza mentale.

·        L’annebbiamento personale, a livello astrale.

·        I problemi individuali, implicanti eccessiva attenzione al piano fisico, alle circostanze e alle difficoltà proprie.

  • Il dare eccessiva e inamovibile preminenza alle proprie idee e imprese personali, che ostacolano l'integrazione del gruppo e bloccano il lavoro esoterico.

               L'impersonalità dev'essere coltivata anche nel rapporto con il Maestro. Egli non si occupa di dare soddisfazioni al gruppo, né dello stato spirituale, ne del servizio dei discepoli. Egli (nei periodi e nei rari contatti con i discepoli) insiste soprattutto sui loro insuccessi e le loro limitazioni, non offre loro soltanto un flusso costante d'insegnamento e di maggiore opportunità di servizio, ma cerca principalmente di aiutarli a certe grandi espansioni di coscienza . Egli riconosce la natura effettiva della loro dedizione e al desiderio di servire: Lo dimostra accogliendoli nel gruppo. Con ciò si assume anche la responsabilità di prepararli all'iniziazione. Non è del Maestro congratularsi per il lavoro e il progresso. È invece Suo compito osservare da vicino la loro vibrazione e indicare dove operare cambiamenti d'atteggiamento e d'espressione, dove intensificare la vita spirituale e dove occorrono aggiustamenti della personalità, che possano condurre a grandi liberazioni e perciò ad un servizio più efficiente. Se a qualcuno questo procedimento suscita risentimento e disappunto è segno che è ancora immerso nelle reazioni della personalità.

 

L’impersonalità nelle questioni personali ci integra nel gruppo, libera dalle nebbie astrali, ci rende utili al gruppo, aumentandone la vita e ci permette di diventare un canale per la vita gerarchica e non semplicemente un ricevente di Essa.

Nel lavoro soggettivo di gruppo ci dobbiamo completa e reciproca franchezza, senza nulla nascondere. Noi porteremo successi, fallimenti e debolezze alla chiara luce che viene dal Centro, alla presenza di tutti: è il metodo della Nuova Era. Massima e imparziale impersonalità è la nostra meta, che ci consente di servire meglio. Dobbiamo imitare i Maestri che insegnano e guidano dall’interno. Questo è il loro metodo.

In un gruppo ci saranno sempre delle complicazioni a livello personale, ma saranno molto modeste se viviamo sull’arco superiore, senza discendere fra le nebbie astrali e nell’illusione; il discepolo può soccorrere molto il principiante , a livello egoico; il principiante non può fare altrettanto per il discepolo. È importante essere un centro radiante di vita magnetica, unendo coloro con cui si lavora, mediante l’amore e la comprensione. Questo non è facile perché si tratta di riunire nei vincoli del servizio esoterico molti che altrimenti non potrebbero fondersi e amalgamarsi.

In quanto ai rapporti umani bisogna fronteggiare le perplessità e le difficoltà con l’impersonalità, l’amore e il silenzio, rimanendo nell’Essere spirituale che irradia saggezza:   ” vivi sulla vetta della montagna con i tuoi fratelli, così la tua visione è ampia e sopra le nebbie della pianura”.

Molti talvolta si scoraggiano per atteggiamenti errati, egoismo,, inerzia e talora anche  per buone intenzioni altrui e vorrebbero dimettersi dall’Ashram o dal gruppo. Ma ciò è possibile soltanto exotericamente, poiché il vincolo esoterico persiste anche se essi temporaneamente ne sono esclusi.

I membri dell’Ashram e i discepoli accettati sono sempre seriamente impegnati nel lavoro. I principianti devono imparare a parteciparvi e a questo fine gli “anziani” dedicano molte energie.

Il discepolo si è decentrato e non è più il centro drammatico della scena, non si cura dei suoi sentimenti e dell’eccessivo interesse per se stesso, che tanti manifestano. Egli lavora impersonalmente, comunque reagisca la sua natura personale; ciò significa che i sentimenti, i pensieri, le simpatie, le antipatie e i desideri non sono più in lui fattori dominanti; è condizionato soltanto dai moventi e dalle attività che tendono al bene del gruppo; non sacrifica nessun individuo al bene del gruppo, prima di aver compiuto il debito sforzo di aiutarlo a comprendere i giusti rapporti e ad esprimerli; ma non esita a farlo risolutamente se ne sorgono il bisogno e l’opportunità. Il discepolo ha un giusto senso delle proporzioni circa il suo lavoro e il valore relativo del suo contributo al lavoro del Maestro e alla vita dell’Ashram; evita ciò che il Maestro Morya ha definito come la “presunzione della mente piena di se stesso”, perché è una forma velata d’orgoglio che i principianti trovano difficile evitare; essi nemmeno per un minuto dimenticano il fatto del loro discepolato e del Maestro, eppure, se agissero veramente da un punto di concentrazione , dimenticherebbero la Sua stessa esistenza mentre lavorano per servire l’umanità.

Il discepolo è consapevole simultaneamente di due livelli di coscienza: il punto di tensione spirituale in cui è focalizzato e che cerca di mantenere inviolato e la sfera di attività impersonale e costante nei tre mondi. Sarebbe auspicabile che i discepoli si preoccupassero più delle realtà interiori e fossero meno assorbiti dalle difficoltà esteriori.

        L’impersonalità non dev’essere programmata e forzata, ma derivante dall’oblio di se stessi; cioè, bisogna perdere di vista il piccolo sé nelle necessità ed opportunità contingenti, amando impersonalmente e con vera comprensione.  Il gruppo è un fattore importante, in esso la vita individuale del discepolo diminuisce sempre di più, mentre la sua consapevolezza e la sua sensibilità aumentano; teniamolo a mente e impariamo la dura lezione dell’impersonalità e ricordiamoci  che “l’amore è la base dell’impersonalità”. È l’illuminazione mentale, creata dalla attività meditativa e riflessiva, portata avanti dal Nuovo Gruppo dei Servitori del mondo che lavorano sotto l’impressione gerarchica, che dobbiamo coltivare. La sorgente è la meditazione che crea cose superiori nel mondo dei valori spirituali.

Per chi è sulla via dell’iniziazione la regola dice di abbandonare finalmente e definitivamente la vita della personalità. Il segreto, per esempio della terza iniziazione della Trasfigurazione, è quello di manifestare completa libertà dalle pretese e richieste della personalità. Non è molto importante la perfezione spirituale, quanto la tendenza di vita e la totale dedizione al servizio dell’umanità, per risolvere i suoi problemi. L’iniziato infatti non è influenzato dalle limitazioni ancora esistenti nel se personale inferiore.

Uno dei problemi che stanno di fronte alla Gerarchia, nell’iniziazione di gruppo, è l’eliminazione del sentimento, curiosa reazione emotiva che lega insieme tutti i membri di un gruppo nei lacci della simpatia ed antipatia. Quando esiste simpatia si stabilisce un rapporto personale troppo forte, per quanto riguarda il bene del gruppo; l’equilibrio del gruppo ne è disturbato. Quando c’è l’antipatia l’impulso interno a respingere opera costantemente, e ciò provoca scissioni quanto la critica e la maldicenza.

 L’impersonalità è possibile solo al discepolo che sa veramente amare e a colui che vede la vita e la sua fantasmagoria (comprese tutte le persone a lui associate) nella Luce della Triade spirituale.

 

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